N. 9/2021
La suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 26520 del 20 novembre 2020 è tornata ad esaminare la problematica circa la compresenza di creditori individuali e Fallimento nella causa in revocatoria ordinaria, definendo la questione relativa alla sopraggiunta inerzia del Fallimento per mezzo di una interpretazione inedita ed estensiva di principi ormai pacifici in tema di legittimazione attiva e interesse ad agire.
Nello specifico, La Corte ha ritenuto applicabili i predetti principi all’articolata circostanza in cui il Curatore dapprima subentri nell’azione revocatoria ordinaria proposta dal creditore individuale e successivamente, in grado d’appello, non riproponga la relativa domanda, dimostrando disinteresse a coltivare la stessa; assumendo autorevolmente che tale circostanza ripristina la legittimazione e l’interesse ad agire in favore del creditore individuale che ha insistito nella domanda di inefficacia.
In tema di revocatoria ordinaria, la giurisprudenza di legittimità ha già da tempo fissato principi interpretativi da attuare nel caso in cui intervenga il fallimento del debitore e, conseguentemente, la necessità di devolvere tutti i suoi beni all’interno della procedura concorsuale, in favore della massa dei creditori.
Precisamente, la Corte di cassazione nel 2008 (Cass., S.U. n. 29420/2008) ha risolto il possibile conflitto di interessi tra il singolo creditore e il Fallimento in sede di revocatoria, richiamandosi ai principi in tema di legittimazione attiva, statuendo che “qualora sia stata proposta un’azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale (…), il curatore subentri nell’azione in forza della legittimazione accordatagli dall’art. 66 legge fallimentare, accettando la causa nello stato in cui si trova, la legittimazione e l’interesse ad agire dell’attore originario vengono meno, onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed egli non ha altro titolo per partecipare ulteriormente al giudizio” (Cass., S.U. n. 29420/2008).
Occorre segnalare, tuttavia, che l’applicazione dei principi sopra citati viene meno in caso di inerzia della Curatela, ovvero quando non esperisce intervento nella causa in revocatoria facendo propria la relativa domanda avanzata da parte attrice (Cass. n. 29112/2017).
Nonostante una giurisprudenza ormai consolidata sul punto, la problematica si è riproposta dinanzi la Corte di Cassazione per l’ipotesi in cui il fallimento, nonostante l’intervento, abbia poi rinunciato alla relativa domanda in sede di impugnazione ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (“Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate”).
La Corte di Appello di L’Aquila, seguendo pedissequamente i criteri interpretativi in tema di legittimazione attiva, respingeva la domanda in revocatoria riproposta dal creditore superstite, ritenendo che “la domanda di revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c. (…) è divenuta inammissibile per effetto del fallimento della Società debitrice e del suo intervento nel relativo giudizio. Poi, il Fallimento della società debitrice, quale unico soggetto legittimato all’azione revocatoria ordinaria, non l’ha riproposta nel giudizio di appello, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 346 c.p.c.”.
La Corte di Cassazione, investita della questione, l’ha affrontata , ritenendo preferibile applicare i principi enunciati a suo tempo dalle Sezioni Unite. E precisamente, partendo dal presupposto che queste ultime hanno ritenuto che il difetto di interesse del creditore individuale sussiste fintantoché permane il subentro del Fallimento, ha desunto e statuito che tale interesse ritorna ad essere attuale e concreto nel caso in cui gli organi fallimentari manifestino disinteresse ed inerzia. In aggiunta, ha precisato che “l’opposta soluzione non risulterebbe coerente con la ratio che giustifica l’affermazione della legittimazione esclusiva del fallimento nel caso in cui esso si attivi per coltivare la revocatoria promossa dal creditore individuale e finirebbe col penalizzare quest’ultimo che, pur dovendo legittimamente subire il subentro del fallimento, si vedrebbe privato della possibilità di coltivare la revocatoria anche dopo che il fallimento abbia mostrato di disinteressarsene”.
In conclusione, a parere dello scrivente, la Corte di Cassazione ha svolto, ancora una volta, un contemperamento degli interessi in gioco, così da consentire il soddisfo dei diritti garantiti dall’ordinamento tenendo, altresì, in debita considerazione l’attualità delle pretese vantate dagli attori.
Avv. Luana Pirrera
(riproduzione riservata)