N. 30/2021
La valorizzazione del credito bancario deteriorato è argomento attuale e di interesse.
I Servicer stanno ancora gestendo portafogli NPL derivanti dalla prima crisi degli anni 2000 e si prevedono miliardi di euro di nuovi passaggi a sofferenza con la crisi economica causata dalla emergenza sanitaria. In questa ottica, il legislatore ha intrapreso un percorso volto a riformare la materia fallimentare con l’emanazione del nuovo codice della crisi di impresa. Alcune delle disposizioni in esso contenute sono già entrate in vigore; in particolare l’articolo 378 c.c.i.i. ha modificato gli articoli 2476 e 2486 c.c..
Il D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 ha modificato l’articolo 2476 c.c. in materia di responsabilità degli amministratori di S.r.l., così attribuendogli la responsabilità di conservare il patrimonio sociale. In particolare, i creditori sociali divengono legittimati attivi della relativa azione e possono ricorrere nei confronti degli amministratori, indipendentemente dalla rinuncia alla azione da parte della società, potendo anche esercitare l’azione revocatoria nei confronti dell’eventuale transazione fra amministratori e società.
È stata così allineata la disciplina delle società a responsabilità limitata a quella delle società per azioni ex art. 2394 c.c.. Senza voler entrare nella evoluzione normativa della materia e delle relative differenze, le modifiche apportate uniformano la responsabilità amministrativa in materia di obblighi di conservazione patrimoniale.
In punto di società di capitali, l’articolo 2486 c.c., cristallizzata la rappresentanza degli amministratori anche in seguito al verificarsi di una delle cause di scioglimento ex art. 2484 c.c., limita i poteri gestori degli stessi a quelli strettamente necessari alla conservazione del patrimonio sociale e individua nella figura dell’amministratore il soggetto obbligato alla conservazione del patrimonio sino alla nomina del liquidatore o all’apertura della procedura concorsuale.
In tale accezione, verificata una causa di scioglimento ex art. 2484 c.c. e data l’insufficienza del patrimonio sociale alla soddisfazione dei creditori, eventuali atti gestori eccedenti la finalità conservativa ed eventuali omissioni di atti orientati a tale scopo legittimano l’azione nei confronti degli amministratori che divengono dunque centro di imputazione di interesse degli stakeholders.
Il comma, 3 dell’articolo 2486 c.c., introdotto dall’articolo 378 c.c.i.i., in materia di quantificazione del danno da mancata conservazione patrimoniale stabilisce che “… il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniale non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.
L’interpretazione letterale della disposizione è chiara: si introducono criteri presuntivi di quantificazione del danno al fine di semplificare l’accertamento giudiziario. La ratio legis sottesa a tale intervento è quella di evitare che eventuali crisi di impresa provochino danni endemici al tessuto economico.
A parere dello scrivente questi interventi legislativi sono di particolare rilievo in materia di NPE, consolidano strategia utili al core business dei servicer massimizzando il profitto.
La cristallizzazione della responsabilità amministrativa in tema di conservazione patrimoniale permette, in caso di mancato soddisfacimento del proprio credito, di indirizzare l’attività verso patrimoni differenti da quelli societari. Questa strategia è di grande efficacia nei casi di società, lasciate in uno stato di quiescenza senza alcuna trasparenza informativa sul verificarsi di una causa di scioglimento, al fine di “depredare” il patrimonio residuo.
Inoltre, in casi transattivi difficili, ove i garanti si identifichino con l’amministrazione della società, fornisce ulteriore potere negoziale ai creditori.
Risulta doveroso ricordare che il termine prescrizione è di 5 anni. Di recente, il Tribunale di Milano con sent. N. 349 del 18 giugno 2020, è intervenuto chiarendo che, in accordo con l’articolo 2935 c.c., il termine prescrizionale decorre dal momento in cui è divenuto oggettivamente conoscibile l’insufficienza del patrimonio al soddisfacimento delle pretese da parte dei creditori sociali.
Dott. Giovanni Tomaselli
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