N. 38/2021
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono di recente pronunciate con riferimento alla questione relativa all’identificazione, in caso di mediazione c.d. obbligatoria (di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), della parte processuale in capo alla quale grava l’onere di esperire il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
La pronuncia riguarda, dunque, nell’ambito del giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c., l’individuazione degli effetti dell’improcedibilità della domanda conseguente al mancato esperimento del procedimento di mediazione c.d. obbligatoria.
“Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.
Questo è il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 18 settembre 2020, n. 19596.
L’intervento del giudice nomofilattico ha determinato una definita inversione di rotta rispetto all’orientamento giurisprudenziale maggioritario, che aderiva, invece, alla soluzione contraria.
Dopo la pronuncia delle Sezioni Unite si è aperto un nuovo contrasto giurisprudenziale sulle conseguenze del mancato tentativo di mediazione obbligatoria.
A dividere i giudici di merito oggi è la decisione sulla rimessione in termini o meno delle parti per esperire la mediazione.
Ci si domanda se la pronuncia delle Sezioni Unite abbia determinato un fenomeno di “overulling” tale da giustificare la condotta della parte che abbia fatto affidamento su un’interpretazione di norme processuali successivamente mutate, con possibilità di rimessione in termini.
Come noto, il fenomeno dell’overrulling si verifica quando il mutamento di una precedente interpretazione della norma da parte della Cassazione porti a ritenere esistente una preclusione e/o decadenza prima esclusa.
E’, dunque, un meccanismo finalizzato a porre la parte al riparo dagli effetti deleteri di mutamenti imprevedibili mediante la sterilizzazione degli esiti pregiudizievoli del nuovo indirizzo interpretativo, consentendo all’atto compiuto, secondo l’orientamento giurisprudenziale in seguito mutato, di produrre analogamente i suoi effetti.
Ammettendo tale tesi, nel caso in cui il creditore opposto non si sia attivato potrebbe richiedere al Giudice di essere rimesso nei termini per esperire il procedimento di mediazione, in modo da evitare di incorrere nella sanzione di improcedibilità della domanda, in conseguenza del mutamento dell’orientamento interpretativo delle Sezioni Unite del 2020.
In proposito, a spiegare le ragioni del diniego della rimessione in termini è il Tribunale di Frosinone che con la sentenza n. 932/2020 ha respinto la richiesta presentata dalla Banca creditrice e ha dichiarato l’improcedibilità della domanda, revocando il decreto ingiuntivo.
I giudici, infatti, dopo aver ricordato i presupposti dell’overrulling, affermano che essi non ricorrono nel caso di specie, in quanto sulla questione degli effetti del mancato esperimento della mediazione nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo non si è mai formato alcun consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità.
Altre pronunce, invece, stanno procedendo nella direzione opposta concedendo nuovamente i termini per depositare l’istanza di mediazione alla luce appunto della sentenza delle Sezioni Unite.
Secondo tale orientamento, l’inaspettato e repentino mutamento della giurisprudenza di legittimità che potrebbe compromettere gli atti processuali che nel momento in cui sono stati compiti facevano riferimento ad un orientamento successivamente mutato, giustificherebbe la rimessione in termini. (cfr. Tribunale di Salerno, ordinanza del 27 maggio 2021; Tribunale di Napoli ordinanza del 3 dicembre 2020).
In definitiva, il nuovo contrasto della giurisprudenza di merito ha confermato l’esistenza di consistenti dubbi e perplessità che non consentono di giungere ad interpretazioni univoche dei profili processuali del d.lgs. 28/2010.
Tuttavia, si auspica che tale ultima interpretazione giurisprudenziale venga accolta con favore considerato che privilegia la possibilità delle parti di risolvere i loro conflitti mediante il procedimento di mediazione, quale strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie, primo tassello che il nostro legislatore intende rinnovare in virtù della riforma del processo civile che si propone di semplificare e rendere più efficiente la giustizia civile con l’obiettivo di alleggerire il carico processuale.
Avv. Eliana Di Maria
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