N. 40/2022
Nei contenziosi in materia di bancaria costituisce spesso motivo di ricorso all’autorità giudiziaria la domanda del mutuatario volta ad accertare se gli interessi pattuiti siano superiori al tasso consentito dalla legge, oltre il quale vengono ritenuti usurari, con conseguente nullità degli stessi.
Un punto molto dibattuto, almeno fino alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione di seguito indicata, era se si potessero considerare o meno usurari anche gli interessi moratori e, in caso affermativo, se il superamento della soglia di usura potesse esser calcolato sommando interessi corrispettivi e interessi moratori.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.19597 del 18.9.2020, hanno chiaramente affermato che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto non solo quale corrispettivo per la concessione del denaro ma qualsiasi promessa di somma usuraria in relazione al contratto concluso.
Quanto agli effetti dell’accertata usurarietà, la Corte ha affermato che “si applica l’art. 1815 c.c., comma 2, onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti”.
Ciò significa che in caso di pattuizione di interessi moratori usurari, il debitore sarà comunque tenuto a rimborsare al creditore gli interessi corrispettivi validamente pattuiti nei limiti degli interessi corrispettivi.
Rimane il problema di stabilire se il superamento del tasso consentito per legge possa essere determinato sommando interessi corrispettivi ed interessi moratori, in tal modo ottenendo un interesse unitario da parametrare ai limiti di legge.
L’argomento è stato affrontato di recente dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n.14214/2022 che, richiamando precedenti giurisprudenziali, esclude categoricamente la legittimità di tale operazione aritmetica, che in molti casi viene ancora invocata nelle cause che hanno per oggetto i contratti di mutuo.
La Suprema Corte, infatti, osserva che l’incompatibilità della sommatoria degli interessi corrispettivi con gli interessi moratori deriva dalla diversa natura e funzione degli uni e degli altri, applicabili in ipotesi antitetiche: gli interessi corrispettivi a fronte di adempimento, quelli moratori in caso di inadempimento.
Ne consegue l’affermazione del principio di diritto secondo cui “in tema di interessi convenzionali, la disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi (e ai costi posti a carico del debitore per il caso di regolare adempimento del contratto) sia agli interessi moratori (e ai costi posti a carico del medesimo debitore per il caso, e come conseguenza dell’inadempimento), ma non consente di utilizzare il cd. criterio della sommatoria tra tasso corrispettivo e tasso di mora, poiché gli interessi corrispettivi e quelli moratori si fondano su presupposti diversi e antitetici, essendo i primi previsti per il caso di (e fino al) regolare adempimento del contratto e i secondi per il caso di (e in conseguenza dell’) inadempimento del contratto”.
Nel caso di specie, esaminato con la citata ordinanza, la Suprema Corte, in applicazione del suddetto principio, ha cassato il decreto del tribunale, che, in sede di opposizione ex art. 98 l. fall., confermando il “principio della sommatoria” applicato dal giudice delegato, aveva escluso dallo stato passivo tutte le somme richieste a titolo di interessi, sia corrispettivi che moratori, dall’istituto di credito.
Avv. Daniela D’Agostino
(riproduzione riservata)