Garanzie di effettiva tutela giurisdizionale del consumatore dalle clausole contrattuali abusive: il quomodo indicato dalle Sezioni Unite nella sentenza del 6 aprile 2023, n. 9479
Officium NPL

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N. 16/2023

Con la sentenza n. 9479, emessa il 7 febbraio 2023 e depositata in Cancelleria il 6 aprile 2023, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse in ordine all’incidenza, sulle norme nazionali che regolano la formazione del giudicato sul decreto ingiuntivo non opposto e le attività dei giudici dei procedimenti monitori e di esecuzione, di quattro sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 17 maggio 2022[1] e, tra queste, in particolare, di quella di definizione delle cause riunite C-693/19 e C-831/19, aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale di Milano, con ordinanze del 10 agosto 2019 e del 31 ottobre 2019, ove la Grande Sezione ha dichiarato che «[l]’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non possa ‑ per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità ‑ successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo di tali clausole. La circostanza che, alla data in cui il decreto ingiuntivo è divenuto definitivo, il debitore ignorava di poter essere qualificato come «consumatore» ai sensi di tale direttiva è irrilevante a tale riguardo»[2].

La pronuncia della Suprema Corte, intervenuta, su richiesta del Pubblico Ministero e assegnazione del Primo Presidente, nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., rifulge per il percorso motivazionale seguito e per la soluzione individuata.

Ribadite, in generale, la portata vincolante e l’efficacia erga omnes delle pronunce pregiudiziali di interpretazione, e riprese, in sintesi, le argomentazioni addotte alla decisione sulle cause originate dai rinvii del giudice milanese, le Sezioni Unite hanno concluso che il dictum della Corte di Lussemburgo, «per la sua portata incidente – nella specifica materia implicata – sull’efficacia di giudicato che, alla luce del diritto vivente […], si viene a determinare, in conseguenza della mancata opposizione al decreto ingiuntivo, non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sugli accertamenti che ne costituiscono i necessari e inscindibili antecedenti o presupposti logico-giuridici, non pone affatto in crisi gli equilibri di quel rapporto, stabile e fecondo, tra ordinamenti, i quali – soprattutto a partire dal Trattato di Maastricht e con l’avvento della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE) e, quindi, del Trattato di Lisbona – mirano ad una integrazione sempre più profonda, i cui orizzonti si aprono ad un territorio più vasto di quello, tradizionale, in cui rivestiva centralità assorbente l’efficienza del mercato, per annettervi, non soltanto in via mediata, le esigenze di tutela della persona e, quindi, per costruire una “comunità di diritti”».

«Un siffatto contesto» – ha affermato il Supremo Collegio – «ha alimentato una declinazione anche in termini personalistici della figura del consumatore, alla quale i Trattati assegnano un ruolo centrale “nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività dell’Unione” (art. 12 TFUE), tale da garantirne un elevato livello di protezione che va oltre gli interessi strettamente economici», che può ottenersi «solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale»[3], ossia, nella sede processuale nazionale, tramite il dovere del giudice investito dell’istanza di

ingiunzione di esaminare ex officio il carattere abusivo delle clausole contrattuali e di dar conto degli esiti di siffatto controllo.

Sicché, l’inattività del giudice del procedimento monitorio (mancato rilievo officioso e omessa motivazione), gravando sul consumatore, frustrato (per impedimento al contraddittorio, differito, sulla pregiudiziale dell’abusività delle clausole) nel suo diritto di azione e difesa e, in definitiva, privato della tutela giurisdizionale effettiva (che, invece, la direttiva 93/13/CEE impone di garantirgli), comporta, secondo la Corte nazionale, in adesione ai principi elaborati dalla Corte europea, che l’ingiunzione, pur se non opposta, non è irretrattabile, processualmente e sostanzialmente, e che nella contigua sede esecutiva, dove si procede per l’attuazione del diritto accertato, possa essere riattivato il contraddittorio sulla questione pregiudiziale pretermessa, senza che ciò costituisca, per il rilievo delle ragioni sottese, elisione delle regole interne sul giudicato, istituto invero proprio anche del diritto dell’Unione europea quale tradizione giuridica dello Stato membro.

Al fine di dare il necessario seguito agli arrêts della Corte di giustizia, ascoltate le tante voci levatesi dagli scranni dei giudici territoriali e accademici, le Sezioni Unite hanno indicato il percorso da seguire e gli strumenti da utilizzare in base al momento processuale:

Fase monitoria

Il giudice del monitorio:

a) deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;

b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione:

1) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore;

2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione;

c) all’esito del controllo:

comma 1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;

comma 2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;

comma 3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.

Fase esecutiva

Il giudice dell’esecuzione:

a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la

presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;

b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;

c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;

d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;

e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex 615, comma 1, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);

f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex 649 c.p.c. del debitore consumatore.

Fase di cognizione

Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:

a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;

b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.

La soluzione offerta dalle Sezioni Unite per dare la necessaria attuazione alle pronunce – vincolanti – della Corte di Giustizia, e garantire l’effettiva tutela giuridica del consumatore imposta dalla direttiva 93/13/1993 CEE, appare, a modesto parere dello scrivente, quella più ragionevole e – se osservata senza eccessiva e ingiustificata cautela, da parte dei giudici, e strumentalizzazione dilatoria, da parte dei consumatori – efficace al fine.

Avv. Domenico Pone

(riproduzione riservata)

 

[1] CGUE (Grande Sezione), sentenze del 17 maggio 2022, di definizione delle cause C-600/19 (MA c. Ibercaja Banco SA), C-725/19 (IO c. Impuls Leasing România IFN SA), C-869/19 (L c. Unicaja Banco SA) e, riunite, C-693/19 e C-831/19 (SPV Project 1503 s.r.l. e doBank s.p.a. c. YB e Banco di Desio e della Brianza s.p.a. e altri c. YX e ZW).

[2] CGUE (Grande Sezione), sentenza del 17 maggio 2022, in cause riunite C-693/19 e C-831/19, SPV Project 1503 s.r.l. e doBank s.p.a. c. YB e Banco di Desio e della Brianza s.p.a. e altri c. YX e ZW.

[3] così già CGUE, sentenza del 27 giugno 2000, in cause riunite da C-240/98 a C-244/98, Océano Grupo Editorial SA c. Roció Murciano Quintero (C-240/98), Salvat Editores SA c. José M. Sánchez Alcón Prades (C-241/98), José Luis Copano Badillo (C-242/98), Mohammed Berroane (C-243/98) e Emilio Viñas Feliú (C-244/98).

 

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PUBBLICATO IL

02 / 05 / 2023

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