N. 32/2023
Sull’azione di ripetizione dell’indebito esercitata dal correntista e l’eccezione della banca sulla prescrizione del diritto di credito in materia di cancellazione della trascrizione del pignoramento
Cass. Civ., Sez. I, ord. 17 luglio 2023, n. 20455
Il tema, per quanto pacifico, pare ad oggi ancora dibattuto.
Nel caso di specie, il correntista agiva giudizialmente nei confronti della propria banca al fine di ottenerne, previa declaratoria di nullità delle corrispondenti clausole contrattuali, la condanna alla restituzione di quanto gli era stato addebitato (illegittimamente) in conto corrente a titolo di interessi passivi ultralegali, capitalizzati trimestralmente, oltre alla commissione di massimo scoperto, alle valute ed altre spese, asseritamente assistiti da aperture di credito.
La banca contestava l’avversa pretesa, eccependone, tra l’altro, la prescrizione in relazione ad eventuali addebiti accertati ante 2001.
Il Tribunale, all’esito dell’istruttoria, nel corso della quale era sta disposta ed espletata una c.t.u. contabile, accoglieva la domanda dell’attore e, previa rideterminazione del dare/avere tra le parti, condannava la banca al pagamento delle somme da restituirsi, oltre interessi.
La Corte d’Appello successivamente accoglieva parzialmente il motivo di gravame principale riducendo la prima condanna, e altresì rigettando la richiesta di rimborso delle spese della CTP, sulla scorta delle seguenti tematiche: (i) l’eccezione di prescrizione delle rimesse (e quindi della loro natura solutoria) affluite in conto corrente, in mancanza di qualsivoglia prova da parte del correntista, a fronte dell’esistenza di contratti di apertura di credito collegati al conto corrente; (ii) la mancata produzione da parte del correntista dei contratti di conto corrente e di tutti gli estratti conto, non ostativa ad una corretta ricostruzione dei rapporti di dare/avere tra le parti, potendosi addivenire comunque alla determinazione dei saldi finali dei vari conti correnti utilizzando – anziché il loro saldo zero o criteri approssimativi e di raccordo – i relativi saldi a debito effettivamente documentati sulla base di quanto ritualmente prodotto in atti.
Innanzi la Corte di Cassazione, infine, il debitore contestava alla Corte d’Appello di aver ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado ed in seguito ribadita dalla banca; a ciò aggiungendosi che, a fronte della sollevata eccezione, il giudice di secondo grado aveva erroneamente ritenuto onerato il correntista, e non la banca, di fornire adeguata prova della legittimità e contezza del proprio saldo dando corretto rilievo dell’andamento e dello sviluppo dei rapporti in essere tra le parti, dalla sua origine fino alla chiusura.
Senza eccessive divagazioni su temi assai noti e consequenziali alla storica sentenza delle Sezioni Unite n. 24418 del 2 dicembre 2010, è in ogni caso bene ricordare che l’esistenza, o meno, di una apertura di credito spiega incidenza sul decorso della prescrizione delle singole rimesse, determinando che esse, a seconda dei casi, possano qualificarsi meramente ripristinatorie della provvista oppure solutorie.
La “corrente” maggioritaria è giunta ad affermare che, qualora il correntista agisca in giudizio senza allegare l’esistenza di una apertura di credito, oppure non specificando l’effettiva entità dell’affidamento concessogli, la banca che eccepisca la prescrizione del diritto alla ripetizione delle rimesse non è dunque tenuta a dedurre e dimostrare l’esistenza del detto contratto[1].
L’elemento qualificante dell’eccezione di prescrizione è l’allegazione dell’inerzia del titolare del diritto, che costituisce il “fatto principale” della fattispecie cui la legge ricollega l’effetto estintivo[2].
Pertanto, è il correntista che agisca in giudizio per ottenere la ripetizione delle somme ritenute illegittime a dover provare l’apertura di credito che gli è stata medio tempore concessa, poiché tale evenienza integra un fatto idoneo ad incidere sulla decorrenza della prescrizione eccepita dalla banca.
Tale “resistenza” del correntista deve quindi essere inquadrata come contro eccezione[3].
La prova dell’apertura di credito che sia stata tempestivamente acquisita al processo, tuttavia, è utilizzabile dal giudice, ai fini dell’accertamento della prescrizione, ove pure sia mancata una precisa allegazione, da parte del correntista, circa l’intervenuta conclusione del contratto in questione[4].
È da considerare, in proposito, che la questione in esame non costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto, rilevabile soltanto ad istanza di parte: infatti, è eccezione in senso stretto quella per la quale la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o quella in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte[5]; la deduzione vertente sull’impedimento al decorso della prescrizione determinato dal perfezionamento del contratto di apertura di credito non presenta alcuna di tali connotazioni e va qualificata, piuttosto, come eccezione in senso lato, come tale rilevabile d’ufficio dal giudice anche in grado di appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis (documenti legittimamente acquisiti al processo o dalle deduzioni contenute negli atti difensivi delle parti).
Avv. Tiziano D’Avenio
(riproduzione riservata)
[1] cfr. Cass. civ. Sez. I, ord. 6 dicembre 2019, n. 31927, e, in senso sostanzialmente conforme, Cass. civ., Sez. I, ord. 20 giugno 2022, n. 19812 e Cass. civ., Sez. I, ord. 14 aprile 2023, n. 10026.
[2] cfr. Cass. civ., Sez. Unite, sent. 13 giugno 2019, n. 15895; Cass. civ., Sez. III, ord. 11 marzo 2020, n. 7013.
[3] cfr. Cass. civ. Sez. I, ord. 6 dicembre 2019, n. 31927; Cass. civ., Sez. I, ord. 14 aprile 2023, n. 10026.
[4] cfr. Cass. civ. Sez. I, ord. 6 dicembre 2019, n. 31927; Cass. civ., Sez. I, ord. 14 aprile 2023, n. 10026.
[5] cfr., per tutte, Cass. civ., Sez. III, sent. 30 giugno 2015, n. 13335; Cass. civ., Sez. III, sent. 5 agosto 2013, n. 18602.