Fidejussione omnibus: la clausola di pagamento a prima richiesta, nella comune intenzione dei contraenti, costituisce deroga parziale all’art. 1957, comma 1, c.c.
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N. 5/2024

Fidejussione omnibus: la clausola di pagamento a prima richiesta, nella comune intenzione dei contraenti, costituisce deroga parziale all’art. 1957, comma 1, c.c.

Tribunale di Milano, Sez. VIª Civile, Sentenza n. 9147 del 16.11.2023

Con sentenza n. 9147 del 16 novembre 2023, la Sesta Sezione Civile del Tribunale di Milano si è pronunciata in ordine alla mancata decadenza del creditore ai sensi dell’art. 1957 c.c., affermando il seguente principio di diritto:

«la clausola del pagamento immediato a prima richiesta scritta, di per sé incompatibile con l’applicazione della disciplina di cui all’art. 1957 c.c., non possa che costituire nella comune intenzione dei contraenti quanto meno una deroga parziale di tale disciplina, esonerando il creditore dall’onere di proporre un’azione giudiziaria e facoltizzandolo ad inviare una semplice richiesta scritta al fine di escludere la decadenza dalla garanzia (v. Cass. n. 16825/16)».

La vicenda sottoposta all’attenzione del Tribunale traeva origine da una procedura monitoria promossa da una società cessionaria del credito, al fine di ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento di una somma di denaro nei confronti di un garante, in ragione di una fidejussione omnibus da questi rilasciata in favore di una società, debitrice principale.

Ricevuta la notifica del ricorso e del pedissequo decreto ingiuntivo, il garante promuoveva opposizione al provvedimento monitorio emesso dal Tribunale di Milano eccependo, tra l’altro, la nullità totale della fideiussione per contrarietà alla normativa anti-trust e, in subordine, la nullità parziale della stessa limitatamente alle tre clausole del contratto, deducendo il mancato rispetto del termine semestrale di cui all’art. 1957 c.c. per la proposizione delle istanze di natura giudiziale contro la debitrice principale.

Il Tribunale investito dell’instaurato giudizio di opposizione, nell’esaminare le clausole oggetto del contratto fidejussorio, ha ritenuto opportuno porre l’attenzione su anche la clausola del “pagamento a prima richiesta”, evidenziando che:

  • con il provvedimento n. 55 del 2005, la Banca d’Italia ha ritenuto tale clausola conforme all’articolo 2, comma 2, lettera a), della L. n. 287 del 1990 affermando che «non è ingiustificato l’onere per il fideiussore determinato dalla presenza nello schema A. della clausola “a prima richiesta”. Come emerso nel corso dell’istruttoria – infatti – essa risulta funzionale, quando non assolutamente necessaria, a garantire l’accesso al credito bancario. Tale valutazione trova conferma nel raffronto con le esperienze estere, da cui emerge un’ampia diffusione della clausola in questione, e in quanto previsto nell’Accordo di Basilea 2, che considera la clausola stessa essenziale ai fini del riconoscimento delle garanzie personali come strumenti di attenuazione del rischio»
  • in tema di fideiussione, tale clausola è pienamente valida e non è priva di efficacia ai sensi dell’art. 1462 c.c. in quanto costituisce manifestazione di autonomia contrattuale, non alterando i connotati tipici della fideiussione e non prevedendo il divieto di sollevare eccezioni attinenti alla validità dello stesso contratto di garanzia (Cass. n. 4446/08).

Secondo il giudice di merito – atteso che nel caso in esame il contratto di fidejussione aveva statuito i) una deroga pattizia al termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c. conformemente a quanto previsto da costante giurisprudenza di legittimità, ii) una richiesta al debitore di pagamento immediato ed a semplice richiesta scritta, iii) ma non una clausola di rinuncia a sollevare le eccezioni di cui all’art. 1945 c.c. (Cass. n. 19693/22) – la clausola del pagamento immediato a prima richiesta scritta, di per sé incompatibile con l’applicazione della disciplina di cui all’art. 1957 c.c., doveva essere valutata come deroga parziale alla suddetta disciplina, esonerando il creditore dall’onere di proporre un’azione giudiziaria e consentendo allo stesso di inviare una semplice richiesta scritta al fine di escludere la decadenza dalla garanzia (Cass. n. 16825/16).

In altri termini, secondo il giudice milanese, la presenza di una clausola contrattuale che imponga al garante di pagare immediatamente ed a semplice richiesta scritta rende tempestivo l’esercizio del diritto fatto valere dal creditore mediante l’invio di una richiesta di pagamento di natura stragiudiziale in luogo della proposizione di una iniziativa di carattere giudiziale. Dalla ricezione della comunicazione, infatti, il fideiussore è obbligato ad eseguire il pagamento richiesto, secondo il meccanismo proprio del solve et repete, ed è reso conscio del mancato adempimento da parte del debitore principale.

In conformità a tale principio di diritto, il Tribunale di Milano ha evidenziato che l’obbligazione principale in capo alla società debitrice principale era scaduta in data 12 dicembre 2012 (circostanza affermata dalla convenuta opposta e non contestata da parte attrice opponente), che l’Istituto di credito aveva inviato alla debitrice principale ed ai fideiussori la richiesta di pagamento e contestuale messa in mora in via stragiudiziale, mediante comunicazione raccomandata recapitata in data 27 dicembre 2012 e che, pertanto, il termine dei sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c. non era da considerarsi spirato.

Ragioni, queste, per le quali la Sesta Sezione Civile del Tribunale ha ritenuto infondata l’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. e, per l’effetto, ha rigettato l’opposizione e confermato il decreto ingiuntivo, condannando l’opponente al pagamento delle spese processuali.

Alla luce delle considerazioni svolte, appare evidente come la pronuncia in commento abbia il pregio di fornire una interpretazione del dettato normativo di cui all’art. 1957 c.c. rispettosa del concreto significato della garanzia a prima richiesta. Di converso, ritenere che il creditore, in presenza di una garanzia a prima richiesta, debba, ad ogni modo, porre in essere delle azioni di natura giudiziale entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, significherebbe snaturare i tratti peculiari della garanzia in parola ed ammettere la palese contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare a prima richiesta un adempimento subordinato all’esercizio di un’azione giudiziale.

Avv. Angelica Schiavone

(riproduzione riservata)

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01 / 02 / 2024

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