N. 19/2022
È noto che uno dei principali fattori idonei a influenzare l’efficienza e l’efficacia delle procedure esecutive immobiliari è costituito dallo stato di occupazione del bene posto oggetto di esecuzione: vero è, infatti, che un immobile che si presenti occupato (dal debitore o da terzi) costituisce senza dubbio un elemento che potrebbe disincentivare il potenziale acquirente in sede di asta.
Pertanto, al fine di rendere maggiormente appetibili i cespiti in vendita, il giudice dell’esecuzione dispone sin da subito (o, al più tardi, quando provvede all’aggiudicazione o all’assegnazione) la liberazione dell’immobile pignorato ai sensi dell’art. 560 c.p.c.
A tal proposito preme sottoporre al lettore che appare frequente anche il caso in cui l’immobile staggito sia occupato da soggetto ristretto agli arresti domiciliari: si tratta di un’ipotesi sempre più frequente in seguito al consolidarsi di una tendenza a ridurre sempre di più l’area di applicazione della custodia cautelare in carcere in favore di misure non custodiali come gli arresti domiciliari.
In tali circostanze, tuttavia, parrebbe che la salvaguardia dell’efficienza del sistema delle vendite giudiziarie possa prevalere rispetto alle esigenze di cautela penale.
Ed invero la concessione degli arresti domiciliari presuppone la disponibilità – materiale – di un luogo idoneo all’esecuzione della misura, con la conseguenza che il solo fatto che l’immobile sia stato pignorato e posto in vendita ne rappresenti motivo di inidoneità.
Ne discende che “il Professionista Delegato/Custode è da ritenersi autorizzato ex lege all’accesso al cespite pignorato per l’adempimento dell’incarico conferitogli, senza necessità di autorizzazione alcuna da parte dell’Autorità penale restando però – sul piano pratico – opportuno che, in ragione del principio della leale cooperazione istituzionale, l’Ausiliare provveda a rappresentare all’Autorità penale competente le attività che sarà tenuto ad eseguire”.
Questo il principio di diritto espresso dal Tribunale di Bari, Giudice Chiara Cutolo, con il decreto del 17 febbraio 2022.
Nel caso di specie, nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare, la debitrice esecutata si era resa irreperibile e successivamente – nell’imminenza dell’accesso preannunciato dal Custode per la visita dell’immobile – aveva rappresentato a quest’ultimo l’impossibilità di accesso, stante il provvedimento afflittivo di cui il figlio convivente risultava destinatario (che tra le atre cose, prevedeva il divieto di ricevere visite).
Il Delegato/Custode aveva quindi rimesso gli atti al G.E. per le correlate valutazioni, non ritenendo possibile l’accesso all’immobile per le visite.
Nel pronunciarsi il Giudice dell’Esecuzione, tuttavia, evidenziava che “la generale salvaguardia dell’efficienza del sistema delle vendite giudiziarie (di pari natura pubblicistica) è tutt’altro che subvalente rispetto alle individuali esigenze di cautela penale” ponendo in rilievo che “l’applicazione degli arresti domiciliari in luogo della custodia in carcere non costituisce affatto un diritto del detenuto, ma presuppone, tra l’altro, la concreta eseguibilità della misura”.
Tale prescrizione, infatti, non è idonea ad impedire l’esercizio dei diritti altrui né può impedire l’esercizio di funzioni pubblicistiche imposte dalla legge per ragioni di giustizia e dunque l’accesso del Delegato/Custode e dei potenziali offerenti in visita, non potendosi neppure ritenere che l’indagato violi la misura cautelare nel momento in cui l’Ausiliario esegua l’accesso.
In conclusione, dunque, ben si può ritenere che “non è necessaria alcuna autorizzazione all’accesso del Custode da parte dell’Autorità penale.
Conseguentemente, il Delegato/Custode è da ritenersi autorizzato ex lege all’accesso al cespite pignorato per l’adempimento dell’incarico conferitogli, dovendo comunque, per ragioni di opportunità, leale cooperazione istituzionale e, in generale, per neutralizzare qualsivoglia rischio di equivoco anche funzionale, notiziare degli accessi i C.C. di pertinenza, individuati nell’ordinanza cautelare […] una volta verificatisi i presupposti per addivenire all’emissione dell’ordine di liberazione”), l’Ausiliario dovrà tempestivamente (ossia, con congruo anticipo, pari ad almeno trenta giorni) comunicare all’Autorità giudiziaria penale competente e ai C.C. di pertinenza la data di attuazione dell’ordine di liberazione – e dunque l’imminente indisponibilità del locus -, da attuarsi verosimilmente con l’ausilio della forza pubblica”.
Dott.ssa Federica Luri
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