N. 15/2021
E’ indubbio che il paradigma della sostenibilità abbia assunto, oggi, un ruolo sempre più centrale in molteplici settori.
Il vecchio metodo di valutazione economico – fondato sulla crescita tout court – ha ceduto il posto allo schema della sostenibilità economica, inteso come modello incentrato sul più ampio concetto di sviluppo sostenibile, così invertendo la tendenza pregressa.
Detto paradigma si fonda sulla capacità dell’economia di sostenere nel tempo la produzione di capitale, inteso tanto come capitale economico, quanto come capitale umano e naturale. In tale prospettiva, difatti, l’obiettivo di un’impresa rimane comunque la creazione di valore, che tuttavia deve essere raggiunta tenendo conto dei principi/criteri ambientali, sociali e di governance, ossia dei criteri c.d. “ESG” (Environmental (E), Social (S) e Governance (G)).
I criteri ESG sono oggi ampiamente affermati in ambito economico/finanziario, poiché ritenuti utili a determinare l’impatto ambientale, sociale e di governance delle imprese, sempre più orientate ad evidenziare la sostenibilità del proprio business e delle proprie iniziative.
In altre parole, detti criteri si sostanziano in un innovativo metro di valutazione sintetica delle imprese, i quali permettono alle medesime di ottenere un ranking idoneo a classificarle in base al loro grado di conformità ai suddetti parametri contemperando etica e obiettivi di business.
In particolare, il criterio Ambientale (E) ingloba molteplici parametri quali l’efficienza energetica in rapporto allo sfruttamento delle risorse naturali.
Il criterio Sociale (S), invece, comprende la qualità dell’ambiente di lavoro, le relazioni sindacali, il controllo della catena di fornitura, il rispetto dei diritti dell’uomo ed una attenzione sempre sensibile alla diversity.
In ultimo, ma non in ordine di importanza, si colloca il criterio Governance (G) il quale comprende tutti gli aspetti legati alla responsabilità di governance dell’impresa, utili a fornire all’esterno indicazioni di rilievo sull’identità aziendale.
I criteri ESG risultano funzionali all’attribuzione di un rating di sostenibilità, ossia di un giudizio sintetico, rilasciato da agenzie specializzate, attraverso cui viene certificata la solidità di un’impresa, di un emittente, di un titolo o di un fondo dal punto di vista delle performance ambientali, sociali, e di governance.
Dette agenzie, ai fini del rilascio del rating, basano la loro analisi su una molteplicità di materiali tra cui: informazioni pubbliche, documenti aziendali, dati provenienti da fonti esterne quali autorità di vigilanza, associazioni di categoria, sindacati, ONG, sopralluoghi presso l’azienda, incontri con il management ecc.
Ad oggi, si annoverano numerose agenzie specializzate in questo settore, sia a livello nazionale che europeo. Tra quelle di spicco merita un breve accenno la Standard Ethics, con sede a Londra, la quale rilascia rating ESG ad aziende e nazioni sovrane che desiderano verificare il proprio livello di compliance di sostenibilità sulla base dei documenti, Linee Guida e i modelli pubblicati dall’Unione Europea, dall’ONU e dall’OCSE in detto settore.
Lo scopo della Standard Ethics, e più in generale di ogni agenzia di rating ESG, è fornire ausilio ad aziende ed organizzazioni a comunicare più efficacemente con investitori e stakeholders, atteso che sempre più spesso le decisioni di investimento non si basano più unicamente sui rating tradizionali, fondati esclusivamente su parametri e variabili economico-finanziari, ma tengono conto anche dei fattori “extra-finanziari” sopra visti.
A parere di chi scrive, l’attenzione alla sostenibilità è oggi più che mai altissima, come attestato dai dati che dimostrano che sempre più imprese focalizzano il loro interesse verso questo aspetto poiché coscienti dell’importante impatto reputazionale generato dal rispetto dei parametri ESG.
E’ innegabile, poi, che gli investimenti comportino dei rischi.
L’importanza dei fattori ESG e dei relativi rischi sottesi a livello economico-finanziario è tale che la Commissione Europea, già da tempo, si è mostrata propensa a regolamentare il settore, proponendo lo sviluppo di strumenti e meccanismi per l’integrazione dei fattori ESG nel quadro prudenziale bancario dell’Unione Europea tutta e nelle strategie commerciali e nelle politiche di investimento delle banche.
In conclusione, sembra utile evidenziare come lo scoppio della crisi pandemica abbia posto maggiormente l’attenzione sui fattori in esame, come dimostra un recente studio di Banca d’Italia che vede l’esponenziale tendenza degli investitori a investire su fondi con basso rischio ESG a discapito di quei fondi che ne presentano uno alto.