N. 29/2023
Azione revocatoria fallimentare: «la normalità dell’atto estintivo di un debito pecuniario corrisponde a un dato oggettivo»
Con la sentenza n. 17949, emessa il 14 marzo 2023 e depositata il 6 aprile 2023, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di azione revocatoria fallimentare, chiarendo la portata interpretativa della nozione di «mezzo normale di pagamento» di cui all’art. 67, co. 1, n. 2, l.fall., ai sensi del quale «[s]ono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore […] gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento».
Sollecitata la riflessione dalla Sesta Sezione, originariamente investita della decisione sul giudizio di legittimità, sulla questione riguardante la possibilità che l’anomalia dell’atto rilevante ex art. 67, co. 1, n. 2, l.fall. possa consistere, come nel caso di specie affermato dalla Corte distrettuale di Perugia, non tanto nelle caratteristiche oggettive del mezzo utilizzato, quanto nel suo mutamento rispetto alle originarie condizioni contrattuali, la Prima Sezione ha affermato il principio secondo cui «la normalità dell’atto estintivo di un debito pecuniario corrisponde a un dato oggettivo, da valutarsi alla stregua del fatto che il mezzo di pagamento utilizzato rientri o meno fra quelli comunemente accettati nella pratica commerciale in sostituzione del denaro, mentre non rileva il dato soggettivo dell’intervenuto mutamento delle originarie condizioni contrattuali di pagamento».
La Prima Sezione non ha ritenuto condivisibile l’orientamento formatosi presso la Sezione remittente, secondo la quale la misura della distanza temporale della scadenza del debito, la rilevante diversità del sistema di pagamento adottato rispetto a quello originariamente stabilito[1] e le ragioni del mutamento delle modalità di pagamento come pure il consolidamento delle stesse, nell’ambito di un rapporto contrattuale duraturo[2], costituiscono fattori potenzialmente in grado di caratterizzare come “anormale” il pagamento intervenuto, poiché:
(i) innanzitutto, «la lettera della norma impone […] di avere riguardo a una caratteristica del “mezzo” di pagamento utilizzato intrinseca e capace di evidenziare lo stato di insolvenza», in modo oggettivo, mentre la valorizzazione delle «caratteristiche della singola fattispecie» – id est la modifica delle modalità di soluzione – «al fine di individuare il tratto di anormalità del pagamento», sposta la valutazione sul versante soggettivo;
(ii) «l’adozione di una simile linea interpretativa», peraltro, «determinerebbe una relativizzazione delle caratteristiche proprie della condizione di anomalia e si presterebbe ad evidenti effetti distorsivi, in quanto in questa prospettiva si potrebbe attribuire carattere anomalo anche a forme di pagamento di comune e frequentissimo utilizzo nella pratica (si pensi, ad esempio, al caso […] in cui, in luogo di tratte o assegni bancari in precedenza accettati ma magari non andati a buon fine, sia richiesto il pagamento in via immediata a mezzo di bonifico) solo in ragione dell’intervenuto mutamento delle condizioni in origine pattuite»[3].
Avv. Domenico Pone
[1] Corte di Cassazione, Sezione VI-1, ord. 11 ottobre 2019, n. 25725.
[2] Corte di Cassazione, Sezione VI-1, ord. 28 settembre 2021, n. 26241.
[3] «Un simile mutamento» – afferma ulteriormente la Suprema Corte – «piuttosto, assume oggi rilievo nell’ambito della disciplina fallimentare riformata in termini di esenzione dall’azione revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. a), l. fall. tutte le volte in cui fra le parti si sia instaurata una prassi, adeguatamente consolidata e stabile, volta a derogare alle precedenti clausole contrattuali e a introdurre, come nuova regola inter partes, un diverso modo di adempimento» (Corte di Cassazione, Sezione I, ord. 7 dicembre 2020, n. 27939).
(riproduzione riservata)