Calendar provisioning e pandemia: la sfida urgente è contemperare obblighi e moratorie
avv. Giangiacomo Ciceri

avv. Giangiacomo Ciceri

Si occupa di diritto civile, bancario e fallimentare con particolare focus sulla gestione di crediti non performing secured, unsecured.

N. 5/2021
Come noto, il Calendar Provisioning racchiude tutte quelle norme regolamentari di matrice europea che impongono agli istituti di credito di assumere – in caso di deterioramento del credito concesso ad imprese e famiglie – un atteggiamento volto a rettificare contabilmente tale credito sino ad azzerarlo completamente in uno specifico arco temporale, di contro accantonando capitale a garanzia del rischio. Si tratta, in buona sostanza, di un percorso preordinato sulla svalutazione dei crediti per evitare che gli stessi non si accumulino nei bilanci bancari senza adeguate svalutazioni. Focus della normativa sono le linee guida in materia di NPL, emanate dalla BCE nel marzo 2017 – in vigore a partire dal 1 gennaio 2021 – unitamente all’Addendum del 2018 con il quale venivano precisati i livelli minimi di copertura dei crediti secured e unsecured. Questo coacervo di norme è approdato, quale propria naturale esecuzione, alla riclassificazione del credito c.d. “scaduto”, già peraltro foriero di acceso dibattito. Le nuove regole prevedono che la riclassificazione del credito come “scaduto” scatterà automaticamente laddove un debitore non ripagherà per 90 giorni un ammontare pari all’1% del finanziamento totale concesso (in precedenza era al 5% in Italia) e di almeno 100 euro per le esposizioni al dettaglio e di Euro 500,00 per le altre.

Entrambe le condizioni devono verificarsi affinchè il credito possa essere contabilizzato come “scaduto”; solo in quel momento è richiesto all’istituto di accantonare più capitale perché l’esposizione (: Npe, comprendendosi quindi anche gli Utp) è considerata ad alto rischio.
Il legislatore Europeo non poteva, tuttavia, prevedere che la normativa avrebbe spiegato effetto nel bel mezzo di una pandemia di portata globale.
Da tempo, molti operatori del settore – e mi riferisco soprattutto agli istituti di credito domestici c.d. “significant” (oggetto di più approfondito monitoraggio da parte della BCE), nonché Abi e Confindustria, chiedono a gran voce uno slittamento di almeno due anni dell’entrata in vigore delle riferite disposizioni. Ciò in quanto l’applicazione delle stesse comprometterebbe seriamente il patto di fiducia tra le banche, privati e Pmi. Nella difficoltà dell’attuale contesto, la nuova normativa impone agli istituti di credito enormi sacrifici in termini di bilancio e conto economico: ciò comporta inevitabilmente la necessità di un aumento di capitale, che a sua volta genera pressione sugli azionisti. Questa pericolosa spirale potrebbe indurre le Banche ad una ulteriore “stretta” sul credito a imprese e privati – chiaramente in un’ottica conservativa del capitale di rischio – con ovvie conseguenze sulla circolazione della liquidità in un periodo complicato.

Appare di tutta evidenza come l’applicazione delle nuove regole stride con la spinta interna volta a rendere meno problematico l’accesso al credito, anche sotto forma di strumenti in essere quali moratorie e prestiti garantiti dallo Stato.
Già nei giorni scorsi la Presidente della Commissione UE, Von Der Leyen, rassicurava circa il lavoro svolto dalla Commissione sulle autorità di vigilanza europee al fine di dare flessibilità al quadro normativo in discorso, toccando pure i criteri di classificazione del credito. Sul fronte interno, appare essenziale evitare che la scadenza dei termini delle moratorie in essere possa avere impatti importanti sulla classificazione dei crediti ed obbligare gli istituti ad uno scatto in avanti sulle coperture. In tal solco, è auspicabile una comunione di intenti tra il Governatore di Bankitalia Visco (che nell’intervento al Forex la scorsa settimana è parso conservativo) e il Presidente del Consiglio incaricato Draghi nell’adoperarsi in una moral suasion sull’EBA invocando la necessaria flessibilità in un momento delicato.

A me pare che questo rischio potrebbe essere mitigato anche da un puntuale utilizzo del Recovery Fund, indirizzando adeguate risorse per il rilancio degli investimenti e un uso più selettivo degli strumenti di sostegno. Con ciò, aiutando i soggetti meritevoli (cittadini, imprese) a traguardare la fase successiva alla scadenza delle moratorie ed evitare alle banche massiccio ricorso agli accantonamenti.

Avv. Giangiacomo Ciceri
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Giangiacomo Ciceri

Giangiacomo Ciceri

Si occupa di diritto civile, bancario e fallimentare con particolare focus sulla gestione di crediti non performing secured, unsecured.

PUBBLICATO IL

22 / 03 / 2021

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