N. 11/2024
Cessione dei crediti in blocco e contratto autonomo di garanzia
Nota a Cass. civ., ord. 29 febbraio 2024, n. 5478
La Suprema Corte, con la recentissima pronuncia in commento, fornisce un’interpretazione sull’annosa questione della prova della cessione dei crediti in blocco e crea un nuovo principio di diritto sull’onere della prova incombente sull’Istituto di credito, ed, infine, argomenta sulla differenza tra contratto autonomo di garanzia e fideiussione. Distinzione che molto ha fatto discutere gli “addetti ai lavori”.
La Corte, preliminarmente, si sofferma sulla differenza tra legittimazione ad agire e titolarità del diritto sostanziale. I due regimi giuridici sono, conseguentemente, diversi. Nella specie, ciò che rileva effettivamente è il secondo. Il Collegio, infatti, rileva che il soggetto che propone impugnazione oppure vi resiste nell’asserita qualità di successore a titolo universale o particolare di colui che era stato parte nel precedente grado o fase di giudizio, deve non soltanto allegare la propria legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa, ma, altresì, deve fornirne la prova, la cui mancanza è persino rilevabile d’ufficio.
Il Supremo Collegio prosegue ritenendo che – nel caso in cui il debitore ceduto abbia sollevato una espressa e specifica contestazione in tema di prova della cessione di un credito – non può considerarsi idonea la mera notificazione della cessione operata dal cessionario al debitore ceduto ai sensi dell’art. 1264 c.c., trattandosi, invero, di una semplice dichiarazione della parte interessata. Questo principio originariamente riguardante solamente la cessione di singoli crediti è stato esteso dalla Cassazione anche alle c.d. “cessione di crediti in blocco”. Dunque, secondo la Corte di legittimità, la notizia della cessione dei crediti pubblicata su Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 58 T.U.B. non è sufficiente a fornire piena prova della cessione del credito oggetto di contestazione.
Vige, quindi, in capo all’Istituto bancario, l’onere della prova della cessione del credito ovvero la banca, che si ritiene creditrice nei confronti di un debitore, deve fornire la prova del proprio credito mediante la completa documentale dimostrazione della sussistenza del credito vantato.
La Cassazione, inoltre, con la pronuncia in commento, compie un complesso ragionamento logico-giuridico che porta ad escludere il piano di rientro sottoscritto dal debitore come prova dirimente. Più in particolare, secondo gli Ermellini, la promessa di pagamento e la ricognizione di debito, ai sensi dell’art. 1988 c.c., hanno effetto meramente confermativo, nella sfera probatoria, di un preesistente rapporto di debito e, pertanto, non sono idonee a costituire nuovi rapporti obbligatori. Ne deriva che il saldo debitorio risultante dall’ estratto conto ex art. 50 T.U.B., pur attestato con la sottoscrizione di un piano di rientro, perde valore probatorio stante la contestazione della validità del credito ivi complessivamente indicato.
La Suprema Corte, da ultimo, esamina la causa concreta del contratto autonomo di garanzia e ne rimarca le peculiari differenze rispetto al contratto di fideiussione. Per rafforzare questa analisi i Giudici richiamano e si allineano al dettato delle Sezioni Unite (n. 3947 del 2010) secondo il quale l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” qualifica il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale.
In conclusione, è di tutta evidenza come la Corte di Cassazione stia cercando di porre un punto fermo sulle citate questioni nascenti dall’inasprimento del contenzioso bancario che ha attirato l’attenzione prima dei Giudici di merito e poi del Supremo Collegio.
Avv. Paolo Savastio
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