N. 26/2021
La Cassazione è tornata recentissimamente sul delicato tema della ripetizione dell’indebito richiesto alla banca dal correntista sulla scorta di invocata nullità di clausole presenti nel contratto di conto corrente.
Con la pronuncia n.19566 dello scorso 8 luglio 2021, il supremo Collegio ritiene che il cliente che agisca per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha l’onere di provare l’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che contiene siffatte clausole.
A tale ultimo riguardo, il correntista – in assenza della puntuale produzione contrattuale – non può validamente invocare il principio di vicinanza della prova al fine di invertirne l’onere gravandolo sull’istituto di credito.
E’ noto che l’applicabilità del riferito principio postula la possibilità che almeno una delle parti sia nella migliore condizione di acquisire il documento in parola.
Così non è solo se si considera che, usualmente, ciascuna delle parti acquisisce la disponibilità del documento al momento della sottoscrizione.
Nell’ambito di un giudizio instaurato sulla base delle riferite doglianze, una società otteneva un’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. in forza della quale un istituto di credito veniva condannato al pagamento di una importante somma oltre un risarcimento danni liquidato all’attrice.
Il portato dell’ordinanza veniva confermato in esito al giudizio di I grado.
Successivamente la corte territoriale, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla banca, revocava l’ordinanza ex 186 quater c.p.c. così come le domande della correntista, respingendo la richiesta di risarcimento a sua volta avanzata dall’istituto.
La parte motiva della sentenza di Appello eviscera le questioni poste alla base della successiva pronuncia di legittimità.
In primo luogo la CTU esperita in primo grado risultava nulla poiché la documentazione versata in atti da parte attrice non era utilizzabile essendo prodotta in spregio dei termini di preclusione istruttori.
Sotto altro profilo, segnatamente in punto invocata nullità dei contratti bancari “per loro inesistenza”, la corte territoriale osserva come la correntista non aveva in realtà dimostrato di essersi recata presso l’istituto ai fini del ritiro di detta documentazione.
Da ultimo, l’appellata risultava aver confuso le fattispecie della inesistenza e della nullità – che non sono sovrapponibili – eccependo la prima sulla scorta della mancata consegna dei documenti, mentre ben avrebbe potuto dedurre l’ipotesi di mancato perfezionamento della volontà negoziale, mai contestata.
Quanto alla nullità, è giuridicamente infondato eccepirla in quanto un contratto asserito come inesistente non può essere nullo. Nè avrebbe potuto soccorrere il principio di vicinanza della prova per le viste motivazioni.
Avv. Giangiacomo Ciceri