N. 2/2022
In materia di valorizzazione dei portafogli di crediti NPL, uno degli ostacoli sempre più frequente alla recuperabilità è la confisca penale sull’immobile gravato da ipoteca posta a garanzia del credito.
La sentenza in commento (Cass. Pen. Sez. I, n. 22048 del 26.02.2021 dep. 04.06.2021) ha annullato un’ ordinanza emessa nel luglio 2020 dal Tribunale Penale di Matera, provvedimento quest’ultimo che dichiarava inammissibile la domanda di tutela del credito introdotta da uno Special Servicer per conto della società creditrice mandataria.
In buona sostanza, il sacrificio dei diritti vantati da terzi sui beni oggetto di confisca non può essere ritenuto conforme ai principi generali dell’ordinamento lì dove il terzo sia da ritenersi “estraneo” alla condotta illecita altrui.
Breve cenno ai fatti in parola.
In primo grado il Tribunale, seppur il credito vantato nei confronti della società debitrice fosse garantito da ipoteca iscritta nel 2005 su un bene immobile oggetto di successiva confisca penale stabilita con sentenza nel 2014, riteneva ciò non determinasse l’automatica applicabilità delle disposizioni in tema di tutela del credito di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011 (Codice Antimafia), artt. 52 e ss., atteso che la confisca nel caso de quo non è stata disposta per fattispecie di reato di cui all’art. 51 c.p.p. , comma 3 bis, bensì ai sensi dell’art. 240 c.p..
In tal caso, infatti, secondo il Tribunale operava pertanto la prevalenza degli effetti della confisca penale sui diritti dei terzi creditori del soggetto in danno del quale la confisca è stata applicata, nonostante vi sia un diritto reale di garanzia iscritto anteriormente alla misura patrimoniale ablativa.
Avverso la predetta ordinanza lo Special Servicer proponeva ricorso per Cassazione.
Fra i motivi di ricorso, veniva dedotta principalmente l’erronea applicazione delle disposizioni legislative di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52 e alla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 194 e ss..
Invero, indipendentemente dalla tipologia di confisca adottata, si richiama infatti l’esistenza di un principio generale dell’ordinamento – rappresentato dalla tutela dell’affidamento incolpevole – più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità proprio in rapporto alla necessità di fornire tutela al soggetto titolare di un diritto reale di garanzia.
L’esigenza di realizzare un contemperamento tra gli effetti della confisca penale e le posizioni giuridiche soggettive dei terzi – precisa la parte motiva della sentenza di legittimità – risale al generale principio di tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole, principi richiamati dalla nota sentenza Bacherotti (Cass. Pen. Sez. U. , n. 9 del 28.04.1999), che ha tuttavia sovvertito il principio civilistico della buona fede, facendo ricadere sul terzo l’onere di prova innanzi al Giudice penale.
In ragione di tali principi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Servicer in parola (Cass. Pen. Sez. I, n. 22048 del 26.02.2021 dep. 04.06.2021).
Inoltre il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (D. Lgs. n. 14 del 2019) con l’art 373 CCII (in vigore, salvo ulteriori proroghe, dal 16.05.2022) che ha apportato modifiche all’art. 104-bis disp. att. c.p.p. ha espressamente esteso la disciplina prevista in sede di prevenzione D.Lgs. n. 159 del 2011 , artt. 52 e ss. a tutte le ipotesi di sequestro e confisca penali.
In conclusione, spetterà al giudice dell’esecuzione penale di volta in volta – ed a fronte dell’istanza del terzo che assuma la sua posizione di terzo estraneo incolpevole – apprezzare la ricorrenza o meno della condizione soggettiva di buona fede e di affidamento incolpevole (nel momento genetico ed in quello di eventuale cessione della originaria posizione creditoria): condizione che renderebbe sempre “opponibile” il credito a qualsiasi forma di confisca.
Avv. Antonino Sanzone
(riproduzione riservata)