N. 14/2022
“La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità dell’art. 4 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, nella parte in cui prevede che «È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»”. Così Corte Cost. Sent. n. 87, 9 marzo – 4 aprile 2022.
Come purtroppo noto, il 10 marzo 2020 rappresenta una data dalla portata epocale per la storia italiana, con l’entrata in vigore del D.P.C.M. n. 62 del 9 marzo 2020 e – con esso – le misure di contenimento al fine di prevenire il contagio pandemico da COVID-19 sono state estese dalla sola Lombardia all’intero territorio nazionale, portando il paese in uno stato di totale paralisi, il famoso quanto triste lockdown ed alla successiva emanazione di una serie atti normativi volte a fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Di notevole interesse è l’4 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, dichiarato incostituzionale, dalla recente sentenza n. 87 del 2022, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui ha previsto l’inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all’art. 555 c.p.c., che abbia od abbia avuto ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 al 25 dicembre 2020.
Tramite l’emanazione della norma in oggetto, il legislatore ha inteso realizzare un delicato bilanciamento, tra l’interesse del debitore a veder bloccata ab origine l’esecuzione forzata dell’immobile destinato a sua dimora principale, tutelando il diritto di abitazione dell’esecutato nella eccezionale situazione di emergenza sanitaria conseguente alla pandemia da COVID-19, e quello contrapposto del creditore procedente a conservare il regime di inopponibilità degli eventuali atti di disposizione dell’immobile da sottoporre a pignoramento.
Secondo i Giudici Costituzionali il dettato legislativo è risultato contrario sia l’art. 24 Cost., poiché avrebbe compromesso, senza alcuna ragione giustificata il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva; sia all’art. 3 Cost., atteso che il legislatore non avrebbe ponderato adeguatamente i contrapposti interessi delle parti del processo esecutivo.
Con riferimento al Supremo diritto di difesa, la pronuncia ha posto in evidenza come l’azione esecutiva sia fattore complementare e necessario dell’effettività della tutela giurisdizionale, poiché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa anche in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore, precisando che le deroghe al principio espresso dall’art. 2740 c.c., per cui il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, sono da intendersi del tutto eccezionali.
In specie, bloccare i pignoramenti nel periodo bimestrale indicato, avrebbe pregiudicato in via definitiva e non rimediabile il diritto al soddisfacimento in sede esecutiva dei creditori chirografari, in quanto la produzione degli effetti di cui all’art. 2913 c.c. è condizionata, non solo alla trascrizione del pignoramento, ma anche al suo permanere, sicché, se per qualunque ragione il pignoramento venisse meno, cesserebbe automaticamente ogni ostacolo all’opponibilità dell’atto di disposizione al creditore; né quest’ultimo potrebbe ricostituire la propria posizione con un nuovo pignoramento che sarebbe posteriore all’atto e troverebbe una situazione patrimoniale ormai definitivamente modificata.
Per quanto attiene, invece, l’art. 3 Cost., il Giudice delle leggi ha sottolineato che la tutela del diritto di abitazione del debitore esecutato contempla una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore. Infatti, il predetto diritto, anche se risulta incluso nel catalogo dei diritti inviolabili non viene meno per effetto della sola apposizione del vincolo del pignoramento e, inoltre, era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive, prevista dall’art. 54-ter del D.L. n. 18 del 2020, come convertito, oltre che dalla sospensione dell’esecuzione dell’ordine di rilascio dell’immobile, contemplata dall’art. 103, comma 6, dello stesso D.L.
In sintesi, secondo la Corte Costituzionale, la protezione del debitore era già ampiamente garantita, e l’ulteriore tutela della radicale inefficacia della procedura esecutiva, estesa al pignoramento dell’immobile, è stata dichiarata incostituzionale, in quanto limitante del diritto del creditore procedente in misura eccessiva ed è incompatibile con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale. La medesima Corte ha concluso asserendo che Il difetto di ragionevolezza della disposizione censurata è ancor più marcato se si considera la sua (pur limitata, quanto inspiegabile) portata retroattiva relativamente a pignoramenti, già efficaci secondo la disciplina previgente, divenuti inefficaci ex post per effetto della disposizione censurata.
Per le ragioni su esposte, dunque, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del D.L n. 137 del 2020, come convertito, nella parte in cui prevede che “È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 c.p.c., che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Precisando che rimarrà fermo, in questo stesso periodo, il regime di sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore di cui all’art. 54-ter del D.L. n. 18 del 2020, come convertito e successivamente prorogato nella allora sua vigenza.
Ad avviso dello scrivente, la pronuncia in esame, anche se indirettamente, ha inciso sulla tutela della protezione della libertà di iniziativa economica garantita dall’art. 41 Cost, posto che la realizzazione coattiva del credito è per gli istituti bancari ed i Servicer strumento ordinario di esplicazione della propria attività imprenditoriale. Se si considera che gran parte delle espropriazioni immobiliari è avviata da istituti di credito e/o società veicolo per il recupero di NPL, l’aspetto della sana programmazione e pianificazione e l’impatto delle disposizioni censurate sulla programmazione aziendale e sulla concorrenza appare evidente.
Avv. Vittorio Brogna
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