N. 14/2023
Che il mondo dei crediti deteriorati sia in forte crescita non è una novità.
I crediti deteriorati (NPE) sono esposizioni debitorie di soggetti che, a causa di un peggioramento della loro situazione economico-finanziaria, non sono in grado di adempiere in tutto o in parte alle proprie obbligazioni contrattuali.
Notoriamente, le NPE si suddividono in tre classi:
- le “sofferenze” (NPL), cioè esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili;
- le “inadempienze probabili” (UTP), cioè esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze) per le quali la banca valuta improbabile, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali;
- le “esposizioni scadute e/o sconfinanti” (Past Due), ovvero esposizioni, diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili, che sono scadute o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza.
Come si evince dall’Outlook ABI-Cerved del Gennaio 2023 sui crediti deteriorati delle imprese, pubblicato sul sito web dell’ABI e realizzato su base semestrale al fine di diffondere stime e previsioni dei tassi d’ingresso in sofferenza delle società non finanziarie per classe dimensionale, e con l’obiettivo di ampliare il bacino di informazioni a disposizione sul tessuto economico nazionale, nel 2022 i tassi di deterioramento delle aziende italiane sono aumentati, toccando il 2,3%, e nonostante tale dato risulti significativamente inferiore rispetto al periodo pre-Covid (2,9% del 2019), nel 2023 si prevede un incremento del tasso di deterioramento del credito alle imprese al 3,8% (livello che non si raggiungeva dal 2017) mentre nel 2024 si prevede una lieve discesa al 3,4%.
Inoltre, secondo il Market Watch NPL del Febbraio 2023, pubblicato da Banca Ifis, l’ammontare delle transazioni NPE nel corso del 2022 si è attestato a 40,2 miliardi di euro, dei quali ben 31,6 miliardi di euro sono costituiti da portafogli di NPL (e ‘solo’ 8,6 miliardi di euro da portafogli di UTP), inferiori di 6,4 miliardi di euro rispetto alle stime di settembre 2022, a causa di cessioni (NPL e UTP) posticipate al 2023 e di un mercato secondario di NPLs inferiore alle previsioni; le operazioni di NPLs hanno infatti rappresentato quasi il 79% dei volumi del 2022 (mentre gli UTP hanno assorbito il restante 21%); nella previsione per il biennio 2023-2024 il mercato manterrà volumi elevati, rispettivamente di 40 e 33 miliardi di euro, con un’incidenza crescente del mercato secondario che si attesterà intorno al 35% sul transato NPLs.
Il fenomeno dei crediti deteriorati, così come l’istituzione e diffusione delle SPV (ovvero società veicolo cessionarie di gruppi di crediti omogenei, solitamente in blocco e pro soluto), ha trovato specifica regolarizzazione nella Legge n. 130 del 30/04/1999 (“Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti”), modificata da ultimo con la Legge n. 8 del 28/02/2020.
La stampa riporta frequentemente il susseguirsi e dispiegarsi di complesse ed economicamente rilevanti operazioni di cessione di crediti, rese note anche sui siti istituzionali di banche e intermediari finanziari, con altresì loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
È proprio notizia di pochi giorni fa che Monte dei Paschi di Siena, dopo la cartolarizzazione Siena NPL del 2018 per circa 24 miliardi di euro ed il progetto Hydra del 2021 per circa 8 miliardi di euro, ha messo sul mercato altri 400 milioni di euro relativi a contratti di leasing mentre UniCredit ha annunciato che, per il tramite di UniCredit Bank AG, ha già stipulato con fondi gestiti da LCM Partners un accordo per la cessione pro-soluto di un portafoglio di NPL, composto di prestiti verso imprese Corporate e PMI tedesche, per circa 240 milioni di euro; poco tempo addietro, invece, AMCO (società controllata dal Ministro del Tesoro) ha sottoscritto un contratto con 78 banche appartenenti al gruppo Iccrea per l’acquisto di esposizioni deteriorate per un valore nominale di 390 milioni di euro, dei quali il 67% costituito da portafogli di NPL.
Ogni attento osservatore rileverà pertanto che il fenomeno della cessione di crediti deteriorati altro non è se non un Giano bifronte: da un lato infatti, con uno sguardo al passato, il flusso dei crediti deteriorati ingenera un certo allarmismo sociale per la crisi economico-finanziaria in atto – basti pensare alla difficoltà di porre un freno all’incessante ed insano aumento dei c.d. ‘cattivi pagatori’ e, del pari, alla proporzionale crescita di derivate manovre di due diligence sempre più complesse ed ‘ostili’ all’accesso al credito per ogni tipologia di clientela, dal piccolo risparmiatore alla società quotata in borsa, sotto l’occhio vigile delle istituzioni non solo europee – dall’altro, però, con uno sguardo al futuro, lo stesso fenomeno è occasione di risanamento finanziario per i vari sellers (si pensi, nello specifico, alle operazioni di NPE realizzate dai più importanti istituti di credito) e, al contempo, di opportunità imprenditoriale, quest’ultima equamente suddivisa tra gli ‘operativi’ (gli studi legali incaricati delle concrete attività di recupero e di difesa del credito ceduto), i buyers (investitori finanziari) e gli intermediari (servicer e loan manager).
Tutto ciò per sottolineare l’importanza e l’incidenza del mercato dei crediti deteriorati nel panorama italiano e, con l’occasione, per introdurre un focus aggiornato sulle più note e diffuse quaestio iuris che interessano e che rischiano di paralizzare il fenomeno delle cessioni di crediti deteriorati in Italia a fronte del consolidato ed impattante orientamento di una fazione preponderante della giurisprudenza italiana, sia di merito che di legittimità.
Osserviamo dunque che come sempre, economia e diritto percorrono destini incrociati, influenzandosi vicendevolmente.
Alla luce delle più recenti statuizioni della giurisprudenza italiana, infatti, vi è il rischio concreto di un congelamento del mercato dei crediti deteriori in Italia e del consolidarsi di un orientamento teso a dichiarare come irrecuperabili i crediti (per milioni o miliardi di euro) giudizialmente azionati dai cessionari che hanno già concluso le predette operazioni.
Un tema assai diffuso tra le Corti è costituito dall’annoso problema della legittimazione (attiva e passiva) e titolarità del credito ceduto (attiva e passiva) in capo al cessionario.
Assai rilevante è la riconosciuta assenza di termini preclusivi ovvero la possibilità riconosciuta sia ai debitori ceduti di proporre tali eccezioni, in quanto ritenute aventi natura di semplici difese, in ogni fase e grado di giudizio, sia, per le stesse motivazioni, sia al mero rilievo d’ufficio, anche in assenza di contestazione avversa, qualora tali difetti si possano evincere dagli atti di causa (cfr. Tribunale S. Maria Capua V., sez. III, 16/02/2023, n. 628)
Per vero, la giurisprudenza attuale non è del tutto uniforme sul tema, e per tale motivo ci si attende un puntuale arresto delle Sezioni Unite.
Una parte, minoritaria, ritiene che in caso di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1993, la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze, (cfr. Cassazione Civile, sez. III, 10/02/2023, n. 4277); inoltre, si è chiarito che nel caso di cessioni in blocco ex art. 4 della legge n. 130 del 1999, la pubblicazione della notizia, richiamata anche dall’art. 58 TUB ha la funzione di esonerare dalla notificazione stabilita in generale dell’art. 1264 c.c., dispensando il cessionario dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti, il quale può considerarsi in ogni caso soddisfatto dalla successiva notifica di un atto giudiziale (cfr. Corte di Cassazione, sez. III civ, 16/04/2021, n. 10200).
Altra parte, maggioritaria e crescente soprattutto tra le Corti di merito, che ritiene tale pubblicazione un adempimento meramente pubblicitario, non sufficiente, quindi, a costituire prova del perfezionamento della fattispecie traslativa, né produttivo del relativo effetto mancando di valenza costitutiva e non sanante eventuali vizi dell’atto, giacché adempimento estraneo e logicamente successivo all’accordo di cessione in blocco (pur sempre riconducibile ad una fattispecie negoziale a carattere bilaterale ed a contenuto traslativo intercorrente tra cedente e cessionario, senza che abbia alcun rilievo l’adesione eventualmente manifestata dal terzo ceduto)(cfr. Tribunale di Napoli Nord, sez. III, 30/01/2023, n. 392; Tribunale di Spoleto, 01/03/2023, n. 147; Tribunale di Taranto, 16/01/2023), sicché si rende necessaria la produzione in giudizio del contratto di cessione e del relativo elenco di posizioni cedute (cfr. Corte d’Appello di Milano, 22/11/2022, n. 3674).
In conclusione, a prescindere da quale orientamento si decida di sposare, per evitare di incorrere in provvedimenti che dichiarino il difetto di legittimazione o titolarità dei crediti ceduti in capo al cessionario, si renderebbe necessaria la produzione in giudizio, preferibilmente, del contratto di cessione (con relativo elenco notarile dei crediti ceduti) oppure, nella denegata ipotesi, di altro documento comprovante l’avvenuta cessione dello specifico credito ceduto (quale, in particolare, la dichiarazione ricognitiva della cessione rilasciata dal creditore cedente); nella peggiore delle ipotesi, per l’impossibilità di optare per le predette produzioni, non rimane che tentare di dimostrare che il credito ceduto (identificato mediante il codice di sofferenza assegnatogli dall’originator, meglio noto come NDG) soddisfa (cumulativamente e solo non alternativamente) tutti i dodici criteri di inclusione elencati nell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (cfr. Tribunale di Vasto, 03/02/2023, n. 38).
Ma perché obbligare due contraenti alla produzione in atti di un rapporto che per loro è già giuridicamente vincolante ai sensi dell’art. 1322 c.c.?
E da quando è previsto l’assenso del debitore ceduto ai sensi dell’art. 1260 c.c.?
Questioni rimaste in parte ancora irrisolte, pur se meritevoli di approfondimenti e di certezze in termini giudiziali, a fronte dei riflessi che le stesse ingenerano sul mercato dei crediti deteriorati in Italia e nei confronti degli operatori/investitori del settore.
Avv. Tiziano D’Avenio
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