Creditor creditoris e il terzo: quali diritti e quali rimedi?
Officium NPL

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N. 19/2021

Con riferimento alla materia del soddisfacimento della pretesa creditoria mediante l’aggressione di credito che il debitore vanta – a sua volta – nei confronti di terzo, una riflessione merita, sicuramente, la fattispecie in cui detto credito sia già stato azionato dal debitore in sede esecutiva.

Com’è noto, in questa ipotesi, il codice di rito all’art. 511 prevede la possibilità che il creditore del creditore possa richiedere, con domanda a norma dell’art. 499 co. 2 c.p.c. nella incoata, dal suo debitore, procedura esecutiva, di essere a lui sostituito.

Senonché la disposizione, per come delineata dalla giurisprudenza di legittimità, sul piano operativo può dar luogo ad inconveniente che potrebbe essere pure di non poco conto. Da Cass. n. 26054/20 si ricava, infatti: “… la domanda di sostituzione esecutiva ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ. realizza il sub ingresso di uno o più creditori del creditore dell’esecutato nella sua posizione processuale e nel diritto al riparto della somma ricavata dall’esecuzione (cfr. Cass. n. 2608/87, n. 22409/06), sicché detta domanda non è assimilabile all’intervento del creditore nel processo esecutivo perché il creditore istante non fa valere una pretesa nei confronti dell’esecutato bensì nei confronti di altro creditore, pignorante o intervenuto (e non valendo in senso contrario il richiamo dell’art. 511 cod. proc. civ. (…).

In altri termini, la funzione della sostituzione esecutiva è esclusivamente satisfattiva (Cass. 13/03/1987, n. 2698; Cass. 19/10/2006, n. 22409; Cass. 20/04/2013, n. 8001) e le limitate facoltà surrogatorie riconosciute al creditore sub collocato attengono al mero e circoscritto potere di promuovere, in luogo del creditore sostituito, contestazioni in sede di distribuzione, ovvero di resistere a contestazioni altrui (già Cass. 5850/79  o Cass. 735/69), oppure ancora di proporre opposizione agli atti esecutivi (Cass. 327/67): situazioni che non esprimono un sub ingresso del creditore di cui all’art. 511 cod. proc. civ. nel diritto soggettivo sostanziale del creditore sostituito, ma attengono all’esercizio della c.d. azione distributiva, ovvero riguardano un rimedio – l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. – che attiene alla regolarità formale del procedimento (in tali espressi termini: Cass. 24/08/1995, n. 8966). Di conseguenza, la posizione processuale del sub collocato è subordinata alla persistenza della qualità di creditore in capo al suo debitore (o creditore sostituito) e da quella dipende; e, poiché quella legittimamente viene meno per la potestativa determinazione di quest’ultimo di rinunciare al processo esecutivo da lui intentato, il sub collocato non ha facoltà di mantenere in vita il processo contro l’originario debitore a dispetto della rinuncia  del sostituto, poiché quegli non ha alcun titolo esecutivo nei confronti dell’unico soggetto passivo dell’espropriazione; …”

Pare di tutta evidenza che una simile costruzione dell’istituto, ed in particolare con riguardo alla negata finalità surrogatoria in senso stretto della norma, ai fini della legittimazione all’impulso della procedura, possa dar luogo, nella pratica, a specifica problematica. Non deve ritenersi del tutto improbabile, infatti, che a seguito di domanda di sostituzione, il debitore, che è a sua volta creditore procedente contro suo debitore – vuoi perché perde interesse (si pensi, per esempio, alle anticipazioni occorrenti per il proseguimento della procedura), vuoi anche maliziosamente – decida di non proseguire più la procedura e, addirittura, di abbandonarla.

Il sub collocato, in questa ipotesi, non essendo abilitato, come visto, da nessun effetto surrogatorio per il suo intervento in sostituzione, non potrà impedire in nessun modo l’estinzione del processo esecutivo ed ogni sua eseguita attività, per il recupero di quanto dovutogli, resterà così vanificata.

Alla luce di quanto sopra, resta da valutare se, considerato anche lo stato della procedura esecutiva pendente, non risulti più conveniente il ricorso allo strumento del pignoramento presso terzi, in ogni caso, anche del credito già azionato in via esecutiva.

Sotto questo profilo, sembra opportuno prendere le mosse dal principio di diritto enunciato da Cass. n. 14597 /2020: “Qualora un pignoramento presso terzi abbia ad oggetto un credito che, a sua volta, è stato già azionato in sede esecutiva, il terzo pignorato ha l’onere di dichiarare tale circostanza ai sensi dell’art. 547 c.p.c., restando altrimenti esposto al rischio di essere obbligato sia nei confronti del proprio creditore originario, sia del creditor creditoris. Quest’ultimo, apprendendo notizia dell’azione esecutiva intrapresa dal proprio debitore, può sostituirsi allo stesso in forza dell’ordinanza di assegnazione del credito, che determina una successione a titolo particolare nel diritto ai sensi dell’art. 111 c.p.c., oppure mediante istanza di sostituzione ex art. 511 c.p.c.”.

Dalla coesistenza delle due procedure deriva pertanto che: a) il terzo pignorato (il debitore del debitore) dovrà rendere  la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. rendendo nota, altresì, la pendenza della procedura a suo carico; b) il creditor creditoris, in virtù della ordinanza di assegnazione, potrà sostituirsi al suo debitore, nella procedura da questi incoata, ex art. 111 c.p.c., ovvero potrà proporre istanza di sostituzione ex art. 511 c.p.c..

La scelta tra le due vie resta, ovviamente, legata ad una valutazione di opportunità, caso per caso, che in primis tocca sicuramente lo stato della procedura tra l’esecutato e il terzo. Segnatamente, se la procedura è allo stato iniziale converrà presumibilmente l’intervento ex art. 111 c.p.c., posto che l’ordinanza ex art. 553 c.p.c. resa dal Giudice del pignoramento presso terzi ha efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo debitore dell’espropriato (Cass. n. 15436/ 2020), con tutto quanto ne consegue in termini di poteri processuali.

Diversamente, se detta procedura nei confronti del terzo volge al termine, probabilmente sarà sufficiente l’istanza ex art. 511 c.p.c.. Sempre fermo restando che – in ogni caso – in presenza del pignoramento presso terzi, si pongono, già da subito, gli effetti del detto pignoramento, che precludono l’efficacia, nei confronti del creditor creditoris procedente, di un qualsiasi eventuale atto dispositivo, nell’altra procedura esecutiva, sia da parte dell’esecutato, sia da parte del suo debitore terzo pignorato.

Avv. Chiara Buttà

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PUBBLICATO IL

07 / 06 / 2021

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