N. 19/2024
Esecuzione immobiliare: condanna dell’aggiudicatario inadempiente al pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita, senza che sia necessario che l’avviso di vendita contenga l’avvertimento
Con ordinanza del 7 giugno 2024, n. 15985, la Corte di Cassazione (Pres. De Stefano – Rel. Fanticin) ha espresso il principio secondo cui, alla decadenza dell’aggiudicatario per mancato versamento del prezzo nel termine stabilito consegue, quale effetto automatico ed indefettibile, l’emissione del decreto, ex artt. 587, comma 2, c.p.c. e 177 disp. att. c.p.c., di condanna dell’aggiudicatario inadempiente al pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita (maggiorato della cauzione confiscata), senza che sia necessario che l’avviso di vendita contenga l’avvertimento agli offerenti circa le conseguenze dell’inadempimento, trattandosi di effetto previsto da disposizioni di legge, di inderogabile applicazione, che non incidono sulla formazione del consenso degli interessati all’acquisto, né possono ingenerare un legittimo affidamento di questi ultimi sulla non applicazione delle norme.
Con tale pronuncia la Suprema Corte ha deciso su un ricorso proposto da una società avverso la sentenza n. 1036 del 20 ottobre 2021 con la quale il Tribunale di Forlì, quale giudice del merito, aveva respinto l’opposizione ex art. 617 c.p.c. al provvedimento del 20 maggio 2018 con cui il medesimo Tribunale di Forlì, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva condannato la società opponente a pagare la somma di € 152.000,00, quale differenza tra l’importo per cui si era reso aggiudicataria – salvo poi decadere dall’aggiudicazione per mancato versamento del saldo nel termine di legge – dell’immobile pignorato nella procedura esecutiva immobiliare e il prezzo della successiva aggiudicazione del medesimo cespite: a fondamento dell’opposizione, la società deduceva la mancata menzione, nel bando di vendita (che contemplava la sola perdita della cauzione), della “penale” prevista in caso di vendita ad un prezzo inferiore e la mancanza di colpa dell’aggiudicatario nell’inadempimento al versamento del prezzo.
Nella sentenza impugnata il Tribunale di Forlì aveva affermato l’inderogabilità, da parte del giudice dell’esecuzione, dell’art. 587 c.p.c., con la conseguenza che, una volta constatata l’inadempienza dell’aggiudicatario (nella specie, peraltro, non dipesa da una condotta scusabile), era derivata ex lege la perdita della cauzione e il dovere di pagamento della differenza tra il primo e il secondo prezzo di aggiudicazione, se – unito alla cauzione – inferiore, anche se tale effetto non fosse menzionato nell’avviso di vendita.
Con il primo – unico ammissibile – dei due fondanti il ricorso avverso la pronuncia del Tribunale di Forlì, la società soccombente aveva dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 570 e 587 c.p.c. per essersi il giudice di merito limitato a motivare il rigetto dell’opposizione richiamando il testo normativo, senza considerare che il dovere di trasparenza avrebbe imposto di inserire nel bando di vendita anche la condizione contrattuale relativa alla penale stabilita dal comma 2 del citato art. 587 c.p.c.
La Suprema Corte ha ritenuto la censura infondata, rilevando che «proprio il testo della citata disposizione – peraltro ribadito dall’art. 177, comma 1, disp. att. cod. proc. civ. (“L’aggiudicatario inadempiente è condannato, con decreto del giudice dell’esecuzione, al pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita”) – costituisce, in realtà, la miglior dimostrazione della correttezza della decisione del Tribunale che la ricorrente mira ad inficiare adducendo argomentazioni pretestuose; infatti, riguardo a queste ultime, non solo non è previsto alcun obbligo normativo di inserire nell’avviso di vendita avvertimenti per gli offerenti circa le conseguenze della loro inadempienza, ma nemmeno può sostenersi che si tratti di “clausole contrattuali”».
Quanto al dovere di trasparenza nella vendita giudiziaria e nelle regole che la disciplinano (sul punto, ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11171 del 29/05/2015, Rv. 635438-01, e Cass., Sez. 3, Sentenza n. 32136 del 10/12/2019, Rv. 656506-02), gli Ermellini hanno rilevato che «lo stesso non concerne le disposizioni di legge di automatica ed inderogabile applicazione (tra le quali, gli artt. 587, comma 2, cod. proc. civ. e 177 disp. att. cod. proc. civ.), che non incidono sulla formazione del consenso degli interessi all’acquisto, né possono ingenerare un loro legittimo affidamento»
La Suprema Corte ha inoltre osservato che «sarebbe paradossale che il bando di vendita dovesse necessariamente riportare il testo normativo e che il mancato esplicito richiamo di una disposizione inderogabile ne consentisse la disapplicazione».
Avv. Raffaella Caputo
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