N. 24/2024
Espropriazione del bene compreso nel fondo patrimoniale concesso in ipoteca
Il presente articolo approfondisce il rapporto tra il diritto del creditore di escutere l’ipoteca concessa dai coniugi ex art. 169 c.c. su beni ricadenti in un fondo patrimoniale e le limitazioni di cui all’art. 170 c.c.
In brevis si riportano le disposizioni di legge di riferimento:
- 169 c.c.: «se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice»;
- 170 c.c.: «L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia»;
- 2808, c. 1, c.c.: «L’ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione».
La Corte della Suprema di Cassazione, con sentenza del 9 febbraio 2024, n. 3742, attraverso una lettura coordinata e costituzionalmente orientata dei suddetti articoli ha statuito il principio secondo il quale anche in caso di valida costituzione di ipoteca sui beni compresi nel fondo patrimoniale, ai sensi dell’art. 169 c.c., tali beni sono sempre espropriabili dal creditore ipotecario, per la soddisfazione del credito garantito, ai sensi dell’art. 2808 c.c., senza incorrere nelle limitazioni di cui all’art. 170 c.c.
La decisione scaturisce dal ricorso promosso dalla cessionaria del credito avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento che aveva confermato quella del Tribunale di Trento di definizione di un giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dai coniugi, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., ove i medesimi avevano contestato il diritto della cessionaria, derivante da mutuo ipotecario, di procedere ad esecuzione forzata nei loro confronti su alcuni beni immobili costituiti in fondo patrimoniale e oggetto di un pignoramento, sul presupposto che pur essendo valida l’ipoteca espressamente costituita sui beni del fondo patrimoniale, la medesima non avrebbe consentito al creditore ipotecario di aggredire esecutivamente i beni ipotecati, se non dopo la cessazione del fondo.
La Corte di Appello di Trento così statuiva in sentenza: «a nulla rileva la circostanza valorizzata dalla difesa della Società secondo cui, con il contratto di mutuo, i mutuatari abbiano prestato il consenso ad iscrivere ipoteca di primo grado sui beni di loro proprietà facenti parte del fondo patrimoniale. L’ipoteca, perfettamente valida acquisterà pieno valore alla cessazione del fondo patrimoniale con la conseguenza che per attivare l’ipoteca, in costanza del fondo patrimoniale, sarebbe stato necessario verificare se l’obbligazione garantita da ipoteca fosse stata contratta oppure meno per scopi che il creditore ipotecario sapeva essere estranei ai bisogni della famiglia, ai sensi dell’art. 170 c.c.»
La suddetta affermazione così come evidenziato nei motivi di ricorso da parte della società cessionaria, se avvalorata, avrebbe dato vita a una situazione paradossale per i seguenti motivi:
- i coniugi avrebbero concesso volontariamente e validamente un’ipoteca sui beni che formavano oggetto di fondo patrimoniale;
- una volta resisi inadempienti delle obbligazioni assunte, il creditore, pur titolare di un’ipoteca validamente iscritta e attributiva dei diritti di cui all’art. 2808 c.c., non avrebbe potuto esercitare il diritto di espropriare gli immobili vincolati a garanzia del suo credito al fine di soddisfarsi, ma avrebbe dovuto attendere un evento futuro ed incerto e cioè il venir meno del fondo patrimoniale per poter escutere l’ipoteca.
Il ricorrente concludeva, dunque, chiedendo alla Suprema Corte «di confermare – attraverso una lettura coordinata e costituzionalmente orientata degli artt. 169, 170 e 2808 c.c. – che è legittimo, per il terzo creditore, al quale i coniugi abbiano concesso ipoteca volontaria sui beni del fondo patrimoniale a garanzia del finanziamento a loro concesso, procedere ad esecuzione forzata sui beni medesimi a seguito della risoluzione del contratto di finanziamento per inadempimento della parte obbligata, senza incontrare la limitazione di cui all’art. 170 c.c.».
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso della cessionaria stabilendo che non può sussistere alcun dubbio sul fatto che, laddove venga validamente concessa ipoteca su un bene del fondo patrimoniale, ai sensi dell’art. 169 c.c., il bene ipotecato possa essere assoggettabile ad espropriazione dal creditore ipotecario, anche in costanza degli effetti del fondo stesso, al pari di qualsiasi atto dispositivo che i titolari possano compiere sui beni come ad esempio la vendita.
La possibilità di disporre dei beni del fondo patrimoniale, in virtù di vendita o di concessione di ipoteca sui medesimi è, infatti, prevista espressamente dall’art. 169 c.c.: l’idea che l’ipoteca possa esplicare i suoi effetti solo dopo la cessazione del fondo non ha, di conseguenza, alcun fondamento, né logico, né normativo.
I Giudici di legittimità hanno evidenziato che l’art. 169 c.c. prevede espressamente che – in presenza di determinate condizioni – si possa validamente vendere o ipotecare il bene del fondo patrimoniale, anche in costanza del fondo: tale disposizione non può avere altro senso che consentire la vendita, che comporta il trasferimento immediato della proprietà all’acquirente, oppure la costituzione di una garanzia reale quale l’ipoteca, che comporta la possibilità che il bene venga venduto a terzi in sede giudiziale per soddisfare l’obbligazione garantita, ai sensi dell’art. 2808 c.c., nonostante l’esistenza del fondo patrimoniale.
Evidentemente, se sussistono le condizioni richieste dall’art. 169 c.c. per il trasferimento della proprietà o la costituzione di diritti reali di garanzia sui beni del fondo, vuol dire che tali diritti sono validamente e pienamente trasferiti o costituiti ed essi attribuiscono all’acquirente tutte le facoltà normalmente inerenti ai medesimi: quindi, se viene validamente costituita l’ipoteca su beni del fondo, questi devono necessariamente ritenersi espropriabili per la soddisfazione del creditore ipotecario, ai sensi dell’art. 2808 c.c., a prescindere dalle ragioni per cui fu contratta la relativa obbligazione, in quanto, in presenza delle condizioni di cui all’art. 169 c.c., si verifica, per definizione, il superamento di tutti i vincoli di destinazione e di disposizione dei beni compresi nel fondo, ivi inclusi quelli relativi alla loro pignorabilità.
In conclusione, in caso di valida costituzione di ipoteca sui beni compresi nel fondo patrimoniale, ai sensi dell’art. 169 c.c., tali beni sono sempre espropriabili dal creditore ipotecario, per la soddisfazione del credito garantito, ai sensi dell’art. 2808 c.c., senza le limitazioni di cui all’art. 170 c.c.
Avv. Mauro Milone
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