N. 41/2021
La tematica relativa allo schema di fideiussioni dettato dall’ABI risulta ad oggi ancora controversa e non del tutto definita.
La Suprema Corte sta cercando di sancire, in assenza di un quadro normativo chiaro, un principio che ne garantisca l’applicazione al maggior numero di circostanze e/o controversie affinchè le varie Corti possano esprimersi secondo una linea comune.
In attesa di quella che sarà la pronuncia delle Sezioni Unite, la Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato, in data 23.11.2021, le proprie conclusioni nell’auspicata possibilità che le SS.UU. possano accoglierne il seguente principio di diritto: “dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, nella specie per effetto del provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia, non deriva la nullità (a catena) di tutti i contratti di fideiussione posti in essere dalle imprese aderenti all’intesa, né la nullità (derivata) delle singole clausole sanzionate: i contratti a valle mantengono inalterata la loro validità e possono dare luogo alla specifica azione di risarcimento dei danni da parte dei fideiussori nei confronti degli istituti di credito – previo accertamento incidentale della nullità dell’intesa ed a condizione che sia fornita la prova di un possibile danno derivante dalle condizioni contrattuali deteriori che il fideiussore non avrebbe accettato in mancanza della intesa”.
Seguendo il dato testuale emergerebbe che lo schema fideiussorio non sarebbe colpito da nullità; d’altronde non si rinviene alcuna normativa nazionale e comunitaria che preveda una nullità tout court dei contratti.
Né si potrebbe colmare tale vuoto normativo mediante l’applicazione del principio civilistico della nullità letterale. La Procura Generale si è spinta oltre ritenendo inapplicabile anche la teoria della c.d. “nullità derivata”.
Invero i giudici sono chiari nell’affermare che “tra l’intesa fideiussoria ed il contratto a valle non vi è un rapporto di strumentalità necessaria, né un collegamento negoziale nel suo significato tecnico-giuridico perché, nel qual caso, sarebbe necessario ipotizzare che i contratti siano collegati e preordinati finalisticamente al raggiungimento di un unico e comune interesse illecito consistente per l’appunto nella alterazione del mercato. La negazione della nullità del contratto a valle si pone in coerenza con il principio di diritto dell’UE sulla impossibilità di estendere la regola della ‘nullità di pieno diritto’ delle intese anticoncorrenziali ai contratti ‘a valle’”.
Sembrerebbe pertanto che l’unica azione esperibile dal fideiussore sia legata ad una richiesta di risarcimento. Affinchè possa però concretizzarsi un danno risarcibile sarà necessario che vi sia stata “la privazione per il fideiussore della possibilità di contrattare a condizioni diverse di quelle predisposte in via unilaterale dagli istituti di credito”, ossia, in ipotesi, “a condizioni più onerose di quelle che avrebbe potuto ottenere su un mercato concorrenziale”. Criteri che ad una prima lettura risultano di difficile applicazione pratica e che restringono il campo circa l’effettiva applicabilità dell’azione risarcitoria.
Qualora le Sezioni Unite della Cassazione dovessero recepire le conclusioni fornite dalla Procura Generale, ci si troverebbe di fronte ad un orientamento giurisprudenziale sicuramente orientato al favor creditoris. Invero unico limite all’escutibilità della fideiussione sarà quello già previsto e relativo all’estinzione o alla nullità della garanzia prestata e che, stante i criteri sanciti dalle conclusioni della Procura Generale della Cassazione, riguarderà ipotesi marginali che non dovrebbero ledere la garanzia creditoria degli istituti concedenti.
Avv. Romano Ferlazzo
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