Fideiussioni e schema ABI: le Sezioni Unite confermano la nullità parziale derivante dalla violazione della normativa antitrust. Ed ora?
avv. Andrea Torneo

avv. Andrea Torneo

Si occupa di diritto civile, bancario e fallimentare con particolare focus sulla gestione di crediti non performing unsecured.

N. 5/2022

I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3 della Legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti“.
Con l’attesa sentenza del 30 dicembre 2021 n. 41994 le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno deciso la sorte delle fideiussioni bancarie omnibus mettendo, forse, la parola fine al dibattito sorto in dottrina e in giurisprudenza sulla validità o meno di tali garanzie.

Ripercorriamo brevissimamente il tema sotteso.

Com’è noto, la questione trae origine dal provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 emesso dalla Banca d’Italia, in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, avente ad oggetto il contrasto tra lo schema contrattuale standard di fideiussione predisposto, in data 4 luglio 2003, dall’ABI e l’art.2 della legge n.287/1990 che ritiene nulle ad ogni effetto le “intese” fra imprese, che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante – non abbia voluto riferirsi esclusivamente alle “intese”, in quanto contratti in senso tecnico: infatti, in senso più ampio, il legislatore ha inteso proibire il fatto stesso della distorsione della concorrenza, che può essere il frutto anche di comportamenti “non contrattuali” o “non negoziali”.

La Banca d’Italia espresse un parere negativo con riferimento agli artt. 2, 6 e 8:
art. 2 – clausola di reviviscenza della fideiussione (“il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”),
art. 6 – clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (“i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”);
art. 8 – clausola di permanenza del vincolo fideiussorio, in ipotesi di vicende estintive e di nullità dell’obbligazione principale (“qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”).

La problematica sottoposta all’attenzione della Suprema Corte riguardava le sorti del contratto a valle, stipulato tra la banca e il cliente, laddove riproduca le clausole contrarie alla disciplina antitrust contenute nello schema ABI a monte.
Sul punto, si segnalano diversi orientamenti giurisprudenziali di cui la sentenza di legittimità dà conto.

Secondo un indirizzo, la soluzione preferibile è la nullità totale del contratto di fideiussione a valle dell’intesa vietata; secondo un altro, è preferibile la tesi della nullità parziale delle clausole del contratto.
Dopo aver ricostruito i vari indirizzi giurisprudenziali e dottrinali in merito alle tutele riconoscibili al cliente-fideiussore, le Sezioni Unite ritengono di aderire alla tesi della nullità parziale del contratto stipulato, richiamando l’art. 1419 c.c. che esprime il generale favore dell’ordinamento per la conservazione, in quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale, con conseguente carattere eccezionale dell’estensione della nullità che colpisce la singola clausola all’intero contratto.

Dalla ritenuta nullità parziale del contratto discende una serie di conseguenze sul piano sostanziale e processuale:
1) anzitutto, che le fideiussioni per cui è causa restano pienamente valide ed efficaci, sebbene depurate dalle sole clausole riproduttive di quelle dichiarate nulle dalla Banca d’Italia.
2) la rilevabilità d’ufficio di tale nullità da parte del giudice, con la conseguenza che il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità integrale del contratto deve rilevarne di ufficio la sua nullità solo parziale. Ma, qualora le parti, all’esito di tale indicazione officiosa, omettano un’espressa istanza di accertamento in tal senso, deve rigettare l’originaria pretesa non potendo inammissibilmente sovrapporsi alla loro valutazione ed alle loro determinazioni espresse nel processo.

In conclusione, occorre sottolineare come la Suprema Corte nella sentenza in commento, nonostante la puntuale disamina effettuata per risolvere i contrasti giurisprudenziali emersi negli anni, non pare abbia affrontato un tema che riveste una grande importanza: la circoscrizione temporale dell’accertata intesa anticoncorrenziale.
Il provvedimento n.55 della Banca D’Italia venne emesso nel maggio 2005 in relazione ad un’intesa anticoncorrenziale risalente al novembre 2003 (pubblicazione schema ABI), pertanto, è necessario chiarire se – all’infuori di detto periodo e in che misura – l’inclusione nelle fideiussioni omnibus di clausole conformi al già menzionato schema possa dirsi frutto della medesima condotta anticoncorrenziale.

Avv. Andrea Torneo
(riproduzione riservata)

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Si occupa di diritto civile, bancario e fallimentare con particolare focus sulla gestione di crediti non performing unsecured.

PUBBLICATO IL

07 / 02 / 2022

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