N. 37/2022
Il d.lgs n. 14/2019 cd. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (da ora CCII), in vigore dal 15 luglio 2022, ha recentemente sostituito la nota l. n. 3/2012. La disposizione definisce il sovraindebitamento come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali”. L’insolvenza, in tale contesto, si identifica come lo squilibrio tra le obbligazioni assunte dal soggetto e il suo patrimonio, tale da determinare una rilevante difficoltà dello stesso ad adempiere o la definitiva incapacità di adempiere regolarmente.
Il legislatore ha emanato la normativa in esame con il nobile fine di evitare che determinate categorie potessero restare senza un’adeguata tutela nel caso in cui si fossero ritrovate a dover sostenere un ammontare di debiti nettamente superiore alla propria capacità patrimoniale: da qui deriva la famosa etichetta di “legge anti-suicidio”. Tuttavia, nella prassi tali procedure concorsuali vengono utilizzate anche strumentalmente, al solo scopo di bloccare le procedure esecutive che i singoli creditori avviano sui soggetti inadempienti.
Per questa ragione, ci soffermeremo brevemente sull’analisi del regime di improseguibilità dell’esecuzione immobiliare individuale, in quanto, è proprio il tema dei rapporti tra procedimenti di composizione della crisi e procedure esecutive che evidenzia la dualità della legge in questione: opportunità per l’obbligato di porre fine a tutte la proprie posizioni debitorie o abuso per chi intenda avvalersi del procedimento per finalità distorsive, ossia rallentare il creditore nel realizzare il proprio diritto ad agire esecutivamente.
Il concorso tra azioni esecutive e procedure di composizione della crisi è regolato in maniera diversa a seconda che si tratti piano del consumatore, di concordato minore, o di liquidazione controllata.
Il deposito del ricorso nel concordato minore è inidoneo a determinare, in automatico, la sospensione delle azioni esecutive, l’effetto sospensivo, infatti, è esclusivo del successivo decreto di apertura. All’art. 78, comma 2, let. d) del CCII viene stabilito che, se la domanda è ammissibile, il Giudice, su istanza del debitore, dispone che, dal momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore.
Diverso è il regime della sospensione prevista per il piano del consumatore laddove il Giudice può discrezionalmente sospendere le sole procedure esecutive idonee a pregiudicare la fattibilità del piano, individuandole analiticamente nel decreto di apertura, sulla base di una valutazione prognostica, avete un duplice oggetto: da un lato quello della fattibilità del piano, dall’altro, quello del periculum, qui inteso come pericolo di pregiudizio per la fattibilità del medesimo piano, tale per cui occorrerà sospendere tutte quelle procedure che, se non interrotte, potrebbero impedire la concreta eseguibilità del piano proposto dal consumatore. Il giudice può altresì disporre che sia inibito anche l’inizio di nuove esecuzioni.
Nel disciplinare liquidazione del patrimonio il legislatore ha utilizzato lo stesso meccanismo contenuto nell’art. 51 l.fall., così come emerge dal combinato disposto degli artt. 270 comma 5 e 150 del CCII secondo i quali, salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la liquidazione medesima, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura. Secondo alcuna dottrina, proprio l’inciso “salvo diversa disposizione di legge” può portare all’esclusione dal perimetro dell’improseguibilità le esecuzioni avviate sulla base di un credito fondiario, in relazione alle quali il secondo comma dell’art. 41 T.U.B, prevede che l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dopo la dichiarazione di fallimento.
Quanto sin qui analizzato, ha un notevole impatto con riferimento all’ambito dei crediti non performing, laddove le procedure esecutive avviate dalle S.p.v. sono innumerevoli e dall’andamento delle medesime derivano sia i risultati in termini di profitto che del raggiungimento degli obiettivi di business plan. Non è questa la sede adeguata a esporre dubbi o perplessità sulla normativa in esame, tuttavia, appare evidente che l’impianto regolamentare del Codice della crisi di impresa sembra non essersi coordinato in modo del tutto bilanciato con le citate disposizioni di cui all’art. 41 T.U.B. L’unica difesa contro i potenziali abusi da parte dei debitori sembra essere il vaglio giudiziale prima dell’omologazione del concordato minore e del piano del consumatore.
Avv. Vittorio Brogna
(riproduzione riservata)