N. 29/2022
Con sentenza n. 20315 del 23 giugno 2022 la Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha affrontato il tema, attualissimo, della cessione del credito a garanzia del quale è proposta l’azione revocatoria, enunciando – a definizione di un articolato contenzioso – il seguente principio di diritto: “il cessionario di un credito beneficia ope legis, in conseguenza della cessione, degli effetti dell’azione pauliana vittoriosamente esperita dal cedente”.
La Cassazione al termine di un travagliato iter processuale ha statuito in merito alla questione dell’estendibilità al cessionario degli effetti della sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. della cedente, in quanto la ricorrente lamentava che il cessionario del credito non potesse giovarsi della sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria pronunciata su domanda proposta dal cedente, sostenendo che il diritto oggetto del giudizio revocatorio e cioè il diritto all’inefficacia dell’atto è ben diverso dal diritto di credito a garanzia del quale viene proposta l’azione revocatoria. Da qui la dedotta conclusione che la cessione del credito non potesse trasferirsi dal cedente al cessionario il diritto all’inefficacia dell’atto.
La suprema Corte, con la sentenza in commento, hanno chiarito che la cessione del credito dalla Banca aveva ad oggetto anche i diritti scaturenti dal vittorioso esperimento dell’azione revocatoria.
Quindi il credito tutelato con l’azione revocatoria si trasferisce per effetto di cessione ed il cessionario acquista ipso iure il diritto di promuovere l’azione esecutiva, che non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto.
Difatti, ai sensi infatti dell’art. 2902 c.c. il creditore, per effetto dell’accoglimento della domanda di revocazione di un atto dispositivo, “può promuovere l’azione esecutiva” nei confronti dell’avente causa del debitore.
Se, puntualizza la Corte, il credito tutelato con l’azione revocatoria si trasferisce per effetto di cessione, anche il cessionario acquista ipso iure il diritto di promuovere l’azione esecutiva.
La Terza Sezione Civile approda al rigetto del motivo sul presupposto che la decisione della Corte D’Appello è conforme nonchè supportata da alcune considerazioni di tipo sistematico:
- a) l’art. 1263 c.c. prevede che per effetto della cessione si trasferiscono i ‘privilegi’, senza distinzione. La cessione trasferisce anche i privilegi scaturenti dalla causa del credito. Se dunque la cessione trasferisce i privilegi scaturenti dalle condizioni personali delle parti, a fortiori si dovrà ammettere che per effetto di essa si trasferiscano gli effetti dell’azione revocatoria, che ha in comune coi privilegi lo scopo di garanzia del credito;
- b) tra i crediti privilegiati rientrano le spese di giustizia per atti conservativi (art. 2755 c.c.), ed i privilegi come già detto si trasferiscono per effetto di cessione del credito. La revocatoria è un’azione intesa a conservare al creditore la garanzia patrimoniale. Se dunque, osserva la Corte, si negasse che il cessionario di un credito benefici degli effetti dell’azione revocatoria proposta dal cedente, si perverrebbe al seguente paradosso: il credito ceduto conserverebbe privilegio per le spese dell’azione revocatoria, ma non beneficerebbe degli effetti dell’azione revocatoria;
- c) il cessionario d’un credito si giova del pignoramento eseguito dal cedente. Il pignoramento è un vincolo preordinato all’esecuzione, ed evita la dispersione della garanzia patrimoniale. Anche la revocatoria, però, ha la funzione di evitare la dispersione della garanzia patrimoniale: sicché sarebbe contrario al canone ermeneutico dell’interpretazione sistematica ritenere che il cessionario benefici degli effetti del pignoramento, ma non di quelli dell’azione revocatoria;
- d) l’azione revocatoria ha lo scopo di conservare la garanzia patrimoniale del creditore, ed il cessionario di un credito non è meno creditore di quanto lo fosse il cedente;
- e) l’interpretazione propugnata dalla ricorrente avrebbe l’effetto di vanificare l’attività processuale svolta dal creditore cedente, ledendo inesorabilmente il diritto di credito del cessionario;
- f) un atto in frode del creditore non cessa di essere tale sol perché il credito circoli.
In definitiva, la Corte conclude il proprio lineare e condivisibile ragionamento evidenziando che il cessionario di un credito è legittimato non soltanto a proporre l’azione revocatoria, ma anche ad intervenire nel giudizio promosso dal cedente ed a beneficiarne, in quanto “portatore di interesse attuale e concreto ad un risultato utile e giuridicamente rilevante”.
Avv. Enrico Tessitore
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