N. 20/2022
Il presupposto affinchè un contratto di locazione venga definito ”a canone vile” sussiste quando il negozio viene stipulato ad un prezzo inferiore di un terzo rispetto a quello di precedenti locazioni, oppure del prezzo ritenuto più corretto per il mercato.
Tale è il principio che viene applicato, qualora si renda necessaria una vendita forzata, eseguita dal Curatore della procedura fallimentare oppure dal Giudice dell’esecuzione.
Tale potestà ordinatoria, è definita a chiare lettere nella recente sentenza della Corte di Cassazione (Pres. Vivaldi Rel. De Stefano – 28.03.2022 – n.9877) che esaminava un caso – radicato dinanzi al Tribunale di Sulmona – e relativo all’impugnazione da parte di un debitore esecutato di una sentenza che rigettava l’opposizione avverso un ordine di liberazione emanato proprio dal competente G.E. in danno di quest’ultimo quale locatario dell’immobile oggetto dell’ordine in discorso.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, ”è legittima l’emanazione diretta da parte del giudice dell’esecuzione, con la successiva diretta attuazione da parte del custode da lui nominato e senza bisogno di munirsi preventivamente di un titolo giudiziale conseguito in sede cognitiva, di un ordine di liberazione sul presupposto della non opponibilità, all’aggiudicatario in futuro ed al ceto creditorio procedente nell’attualità, di un contratto di locazione a canone c.d. vile: restando tutelati i soggetti a vario titolo coinvolti o pregiudicati da tale provvedimento dai rimedi interni al processo esecutivo, nel quale essi sono restati coinvolti, a tutela delle superiori esigenze pubblicistiche cui quello è ordinato”.
Tale sentenza fornisce se non altro l’opportunità di analizzare, dalla prospettiva giuridica, la figura dell’ordine di liberazione del bene immobile oggetto di espropriazione, strumento che si manifesta funzionale per l’ottenimento di migliori condizioni di negoziabilità di un bene pignorato sul mercato.
L’aggiudicatario mantiene la possibilità di agire per ottenere dal conduttore il rilascio dell’immobile qualora il contratto di locazione preveda il pagamento di un c.d. canone vile.
Si garantisce in questo modo la facoltà, per l’acquirente, di ottenere una rendita adeguata al valore che dal bene concesso in godimento a terzi è consentito ricavare, tutelando altresì le ragioni dei creditori e del debitore esecutato.
Ed è a questo punto che si materializza la possibilità di emissione dell’ordine di liberazione sul presupposto della non opponibilità – sia all’aggiudicatario che al ceto creditorio – di un contratto di locazione a canone c.d. vile.
Restano in questo modo tutelati i soggetti a vario titolo coinvolti o pregiudicati da tale provvedimento dai rimedi interni al processo esecutivo.
In conclusione, il provvedimento in parola non costituirà autonomo titolo esecutivo idoneo a fondare una separata esecuzione per rilascio, ma resta esclusivamente atto del processo di espropriazione immobiliare opponibile nelle forme di legge.
Avv. Ester Cattaneo
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