N. 39/2023
Imporre tempi, modalità e prezzo per la definizione stragiudiziale dei crediti a sofferenza, risolverebbe davvero le sorti di milioni di debitori?
“ONOREVOLI COLLEGHI! – Stando agli ultimi dati di settore, lo stock complessivo di crediti deteriorati, ovvero tutte quelle posizioni di credito per le quali vi sia problematicità nella loro restituzione da parte del debitore, in Italia ha raggiunto e superato, nel 2022, i 350 miliardi di euro, di cui 90 rimasti nei bilanci bancari e 260 ceduti alle società di cartolarizzazione. Negli ultimi sei anni, spinte dalla pressione imposta dalla normativa europea al fine di ridurre la massa ingente di crediti deteriorati, le banche italiane sono state indotte a cedere massivamente questi crediti a società di cartolarizzazione”.
Inizia così il DDL n. 1246 presentato dalla Camera dei Deputati il 23 giugno 2023, il quale, con i suoi nove articoli, si prefigge lo scopo di favorire la definizione transattiva a saldo e stralcio delle posizioni debitorie classificate come NPL o UTP.
Questo progetto viene presentato quale soluzione che eliminerebbe realisticamente il debito di circa 10 milioni di cittadini oggi esclusi dal credito bancario.
Il fulcro di questo DDL è rappresentato dall’articolo 2, con il quale sono descritte nel dettaglio la procedura e le modalità di perfezionamento dell’accordo transattivo con le quali il debitore dovrebbe restituire, con la formula del saldo e stralcio, quanto dovuto.
Vengono disciplinati i tempi entro i quali il debitore deve proporre la richiesta per addivenire ad una soluzione transattiva, che a ben vedere sono estremamente stringenti, infatti la norma dice: “entro trenta giorni” dalla ricezione della comunicazione di cessione ad altro creditore da parte della Banca. Quindi, se il debitore non presenta la richiesta in questi termini perché impossibilitato per svariate ragioni, cosa succede? Nulla. Infatti il credito verrà ceduto come accade oggi e spetterà poi al successivo creditore attivarsi al fine di recuperare il proprio credito, dando così anche maggior tempo al debitore di valutare la possibilità di definizione a saldo e stralcio della propria situazione debitoria.
Ancora, viene “imposto” che il debitore dovrebbe offrire una somma pari all’ importo non inferiore al valore contabile netto dell’esposizione come risultante dall’ultimo bilancio approvato, creando così forse una soluzione agevole per il debitore, ma meno per il creditore, che non potrebbe rifiutare la proposta transattiva qualora l’importo offerto in pagamento dal debitore dovesse coincidere con il valore netto di bilancio di ciascuno dei crediti maggiorato del 10 per cento, oltre al fatto che accettando la proposta formulata dal debitore non potrebbe cedere per i successivi tre anni la sofferenza.
Tali vincoli potrebbero portare ad un’ulteriore crisi del sistema bancario che grazie alla normativa UE che ha reso più agevoli le vendite dei crediti deteriorati, si sta lentamente riprendendo.
Il DDL n. 1246, a mio avviso, non fa altro che ricalcare quello che nella prassi è il processo di soluzioni transattive poste in atto da tutti gli addetti del settore del credito con modalità più o meno similari, ma non copre tutte le maggiori casistiche che si presentano nel quotidiano.
Siamo davvero sicuri che normare modalità, tempi e “prezzi” di una proposta transattiva sia la soluzione definitiva al problema dei crediti deteriorati?
Dott.ssa Licia Gallegioni
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