Mutuo con deposito cauzionale infruttifero: la decisione delle Sezioni Unite
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N. 5/2025

Mutuo con deposito cauzionale infruttifero: la decisione delle Sezioni Unite

Nota a Corte di cassazione, SS.UU, sentenza n. 5968 del 06 marzo 2025

Con ordinanza pubblicata il 10 ottobre 2024, la Prima Presidente della Suprema Corte di cassazione aveva dichiarato ammissibile, con conseguente assegnazione alle Sezioni Unite, il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Siracusa, con ordinanza del 31 luglio 2024 relativo ad una questione controversa in materia di mutuo condizionato.

La vicenda sottoposta all’attenzione del Tribunale remittente aveva trovato origine in un procedimento di reclamo, ex art. 669 terdecies c.p.c., proposto avverso l’ordinanza emessa dal Giudice unico del Tribunale di Siracusa di rigetto dell’istanza di sospensione del titolo esecutivo – fondato su un mutuo fondiario – avanzata dalla parte mutuataria con atto di citazione in opposizione, ex art. 615, primo comma, c.p.c.

La reclamante, debitrice intimata, aveva proposto opposizione contestando il diritto della precettante di procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti poiché, tra l’altro, il titolo azionato – mutuo fondiario stipulato con atto pubblico notarile del 25 novembre 2013 – era privo dei requisiti prescritti dall’art. 474 c.p.c., «essendo l’originaria erogazione operata dalla Banca stata seguita dall’immediata restituzione delle somme a quest’ultima e dalla costituzione di esse in deposito infruttifero ed essendo lo svincolo del denaro così depositato stato sottoposto a condizioni cui la verificazione non era stata attestata con il rispetto delle formalità prescritte dalla legge».

Il Tribunale siciliano aveva evidenziato che la giurisprudenza di legittimità si fosse espressa sulla questione in termini non univoci, tali da non consentire l’individuazione di un orientamento che potesse considerarsi maggioritario.

Sul punto, gli orientamenti prevalenti si dividevano tra, da una parte, chi riteneva che la configurabilità a carico del medesimo mutuatario di una obbligazione attuale di restituzione della somma – per gli effetti di cui all’art. 474, comma 1, c.p.c. –, imponesse inderogabilmente che l’importo erogato fosse successivamente svincolato in favore del mutuatario; dall’altra, chi riconosceva la possibilità di prospettare regolamenti contrattuali idonei a determinare l’insorgenza di un obbligo restitutorio caratterizzato da attualità anche prima di detto svincolo.

Conseguentemente, nell’ipotesi di accordo negoziale con cui una banca concedeva una somma a mutuo erogandola al mutuatario e convenendo contestualmente che tale importo sia immediatamente ed integralmente restituito alla mutuante, e svincolato in favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni, i dubbi interpretativi riguardavano, in particolare, la natura di titolo esecutivo del relativo contratto.

E così, un primo orientamento aveva ritenuto che l’accordo negoziale stipulato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, fosse da solo idoneo a costituire titolo esecutivo nonostante all’erogazione iniziale del denaro abbiano fatto immediato seguito la sua restituzione alla banca e la sua costituzione in deposito (così, Cass. sez. III ordinanza 22.03.2022 n. 9229 e Cass., Sez. III, ordinanza 23.02.2023 n. 5654).

Un altro contrapposto orientamento, seguito dalla pronuncia della Corte di Cassazione, sez. III, del 3 maggio 2024 n. 12007, aveva ritenuto, invece, che il predetto accordo, ancorché idoneo a perfezionare un contratto reale di mutuo, non consentisse di ritenere che dal negozio stipulato tra le parti risulti una obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della predetta somma (immediatamente rientrata nel patrimonio della mutuante) in quanto tale obbligo sorge, per esplicita volontà delle parti stesse, solo nel momento in cui l’importo erogato è successivamente svincolato ed entrato nel patrimonio del soggetto finanziato.

Le Sezioni Unite sono state, dunque, chiamate a chiarire se il contratto di mutuo possa considerarsi, o meno, titolo esecutivo nel caso in cui il mutuatario retroceda la somma mutuata al mutuante in pegno o deposito irregolari, alla sinallagmatica obbligazione del mutuante di metterla nuovamente e definitivamente a disposizione del mutuatario all’avveramento di determinate condizioni od altri eventi futuri e non necessariamente certi.

Con sentenza del 6 marzo 2025, n. 5968, le Sezioni Unite, richiamata la pronuncia del 3 maggio 2024, che aveva dato luogo al contrasto sul punto, hanno ritenuto di dover riconsiderare le conclusioni espresse dalla predetta pronuncia, escludendo in primo luogo che una fattispecie come quella in esame possa sussumersi entro quella di un mutuo tecnicamente condizionato.

Come ricordato dalla Suprema Corte, il mutuo condizionato – pienamente legittimo per giurisprudenza consolidata – si ha quando la stessa erogazione – o messa a disposizione, sia pure soltanto ficta o contabile – della somma mutuata materialmente avviene in tutto o in parte al verificarsi di un evento successivo alla stipula, generalmente previsto nello stesso contratto di mutuo quale normale sviluppo del relativo rapporto; sicché, solo quando quell’erogazione o quella messa a disposizione siano poi rese oggetto di atti dalle forme eguali a quelle previste per la sussistenza del titolo esecutivo, si avrà un titolo esecutivo – complesso – integrato dalla combinazione dei due atti, di pari struttura e rango formali.

Al contrario, nel caso in esame, non era in discussione che il mutuo si fosse perfezionato immediatamente, a seguito ed a causa della messa a disposizione della somma: con il conseguente insorgere della tipica obbligazione di restituzione in capo al mutuatario, che caratterizza quel peculiare contratto reale unilaterale.

Ad essere posposto e rapportato alla verificazione di un successivo evento era, invece, l’adempimento di una distinta – sebbene collegata – obbligazione del medesimo mutuante, di svincolare definitivamente la somma costituita in deposito irregolare al verificarsi di quanto convenuto (nella prassi, al momento del consolidamento della garanzia ipotecaria).

In siffatte condizioni, una volta disposto della somma mutuata anche solo col suo riutilizzo mediante costituzione di quella in deposito irregolare (o altro negozio equipollente a funzione cauzionale), la Cassazione ha statuito che non solo deve considerarsi perfezionato il mutuo, ma che rimane anche integrato un valido titolo esecutivo, avente ad oggetto il credito alla restituzione della somma mutuata, e ciò in tutti i casi in cui – come nella specie – non risulti di per sé solo esclusa in concreto una espressa, univoca ed incondizionata obbligazione restitutoria in capo al mutuatario.

È facoltà, tipica e propria del mutuatario, quella di disporre della somma mutuata, nelle modalità che egli ritenga, e ciò in ragione della concreta e libera disponibilità della medesima. E tale patto accessorio non può certo incidere immediatamente e direttamente su tale obbligazione e, quindi, sulla configurabilità di un credito certo, liquido ed esigibile e, così, di un valido titolo esecutivo, ex art. 474 c.p.c.

Giuridicamente, il mutuo si arricchisce di una pattuizione accessoria, ulteriore espressione dell’autonomia negoziale delle parti e integrante un negozio atipico, con causa di garanzia o di cauzione, accessorio e funzionalmente collegato al mutuo cui accede.

Conseguentemente, il contratto di mutuo costituisce titolo esecutivo a favore del mutuante se il mutuatario ha assunto l’obbligazione – univoca ed espressa – di restituire la somma mutuata che è stata effettivamente posta nella sua disponibilità giuridica, anche se con mera operazione contabile; pertanto, a meno che non sia espressamente esclusa da specifiche pattuizioni contrattuali l’obbligazione restitutoria in capo al mutuatario, il contratto di mutuo che stabilisce la contestuale costituzione in deposito (o in pegno) irregolare della somma messa a disposizione del mutuatario – e che prevede l’obbligazione della mutuante di svincolarla direttamente al verificarsi di quanto a tal fine convenuto tra le parti – è di per sé idoneo a fondare l’esecuzione forzata.

Né è necessario, ai fini della configurazione di un titolo esecutivo e, a differenza del mutuo tecnicamente condizionato, un separato o successivo atto, munito degli stessi requisiti di forma del titolo originario, che attesti o riconosca l’intervenuto svincolo della somma.

Ciò che rileva, in definitiva, è – ad avviso delle Sezioni Unite – che vi sia stata la messa a disposizione originaria della somma, presupposto della successiva complessa operazione di costituzione in vincolo, non rilevando, ai fini della configurabilità originaria di un titolo esecutivo, alcuna successiva pattuizione o vicenda.

Alla luce di quanto affermato, le Sezioni Unite hanno, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto:

«Il contratto di mutuo integra titolo esecutivo a favore del mutuante in tutti i casi in cui la somma mutuata sia stata effettivamente, quand’anche con mera operazione contabile, messa a disposizione del mutuatario e questi abbia assunto l’obbligazione – univoca, espressa ed incondizionata – di restituirla. Pertanto, costituisce valido titolo esecutivo, di per sé solo e senza che occorra un nuovo atto pubblico o scrittura privata autenticata che attesti l’erogazione dell’avvenuto svincolo, anche quando vi sia contestualmente pattuizione di costituzione della somma mutuata in deposito o pegno irregolari e assunzione dell’obbligazione della mandante di svincolarla direttamente al verificarsi di quanto convenuto».

A parere di chi scrive, la soluzione offerta dalle Sezioni Unite appare essere la più ragionevole.

Avv. Eliana Di Maria

(riproduzione riservata)

 

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PUBBLICATO IL

09 / 03 / 2025

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