N. 2/2024
Mutuo ipotecario: quando la concessione del finanziamento può ritenersi abusiva
In diverse occasioni la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata sul tema del ricorso abusivo al credito e sull’individuazione dei criteri distintivi della fattispecie della concessione abusiva di finanziamenti da parte degli Istituti di credito.
In generale, tale fattispecie si delinea ogni qualvolta un istituto finanziatore, con dolo o colpa grava, concede ad un privato, persona fisica o giuridica, un finanziamento senza previa adeguata valutazione della solvibilità dello stesso e, in caso di soggetto in difficoltà economiche, senza prospettive concrete di risanamento o riequilibrio finanziario.
Dal punto di vista normativo, il CCII sanziona il ricorso abusiva al credito, laddove, all’art. 325 del codice della crisi, prevede che:
“Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli 322 e 323, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni”.
Dal lato Banca i principi generali codicistici e quelli delineati dal T.U.B. impongono agli istituti di credito di operare con sana e prudente gestione, tenendo conto della stabilità e dell’efficienza del sistema finanziario; essi, in caso di finanziamenti concessi senza tener conto di tali regole, possono essere chiamati a rispondere verso i terzi danneggiati a titolo di responsabilità extracontrattuale.
Ciò premesso, con una recente sentenza, la n. 29840 del 27 ottobre 2023, la Corte di Cassazione si è occupata di un caso di mutuo ipotecario concesso da una banca ad un’impresa edile, che aveva chiesto ed ottenuto il finanziamento per la costruzione di opere pubbliche su di un’area edificabile; l’istituto di credito aveva erogato il mutuo, garantito da ipoteca volontaria sul terreno oggetto del successivo sviluppo immobiliare, con finanziamento erogato a progressivi Stati di Avanzamento Lavori (S.A.L.)
La caratteristica del finanziamento, pertanto, consentiva alla banca di erogare la somma oggetto di mutuo in diverse tranches collegate all’avanzamento dei lavori di costruzione.
A seguito dell’erogazione della prima tranche, tuttavia, l’impresa di costruzioni non riusciva a portare a termine i lavori, stante anche il mancato ottenimento delle concessioni edilizie e diveniva insolvente, con conseguente dichiarazione di fallimento.
La banca mutuante, insinuatasi al passivo fallimentare, veniva tuttavia esclusa a motivo della ritenuta concessione abusiva del credito all’impresa edile, la quale, secondo la curatela ed il Giudice Delegato, non avrebbe dovuto ottenere il finanziamento, attesa l’esiguità del proprio patrimonio, in perdita all’epoca della richiesta di mutuo e lo scarso valore degli immobili a garanzia dello stesso.
La banca si opponeva al provvedimento di esclusione dello stato passivo ex art. 98 l. f. e successivamente ricorreva avverso il decreto del Tribunale che aveva confermato l’esclusione.
La Suprema Corte, nel rilevare un vizio di motivazione del decreto impugnato, afferma che il Tribunale avrebbe dovuto tener conto degli incrementi finanziari dell’impresa, collegati all’erogazione del finanziamento, nonchè della specificità del finanziamento, collegato allo stato di avanzamento lavori, che avrebbe consentito all’impresa di aumentare il proprio patrimonio immobiliare con l’erogazione delle tranches successive.
Al fine di ritenere integrata la fattispecie della concessione abusiva del credito, conclude la Cassazione, non sono sufficienti elementi quali la modesta consistenza del capitale sociale, la debolezza dell’assetto economico della società, l’applicazione di interessi passivi atti a generare un indebitamento rilevante, dovendosi valutare tali elementi in relazione alle possibilità di incremento futuro dell’impresa finanziata.
Avv. Daniele D’Agostino
(riproduzione riservata)