N. 6/2022
Torniamo a disquisire, ma da una diversa prospettiva, in ordine alla nota pronuncia della Corte di legittimità, riunita a Sezioni Unite, del 30 dicembre 2021 n. 41994 la quale, ricordiamo, ha affermato il principio di diritto secondo cui “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt.2, comma 2, lett. a) della legge n.287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt.2, comma 3 della legge succitata e dell’art.1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti“.
Come noto, dopo l’affermazione di un simile principio di diritto ad opera della Suprema Corte spetta, tuttavia, ai tribunali di merito fornire, con le proprie pronunce, concrete indicazioni in materia di validità delle fideiussioni omnibus impugnate per nullità per asserita violazione della normativa Antitrust.
A tal proposito, merita indubbiamente un approfondimento la sentenza del 19 gennaio 2022 emessa dal Tribunale di Milano, Sezione specializzata delle Imprese, la quale brilla per aver fornito interessantissimi spunti al fine di fare chiarezza in ordine ad un argomento appena districato nei propri aspetti essenziali dagli ermellini.
Interpellato per accertare e dichiarare la nullità del contratto di fideiussione che, a dire dell’attore, aveva recepito le clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema A.B.I., oggetto del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia – ritenute lesive della libera concorrenza sul mercato – il Tribunale Milanese ha respinto le doglianze di parte attrice, condannando, altresì, la medesima parte alla rifusione delle spese di liti in favore dell’istituto di credito convenuto.
Nello specifico, il Tribunale Meneghino, dopo aver rammentato che la Suprema Corte per la violazione della normativa Antitrust in commento ha ammesso la c.d. tutela reale, ossia la sanzione della nullità parziale, accanto alla tutela meramente risarcitoria per equivalente e che ha carattere eccezionale l’estensione all’intero contratto della nullità che colpisce la clausola, di tal che è a carico della parte interessata l’onere di fornire la prova della relativa interdipendenza, afferma un principio fondamentale in ordine al valore probatorio del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia, che ha fatto da fondamento della sentenza della Cassazione n. 41994 e, la cui istruttoria come noto ha coperto un arco temporale limitato e compreso tra il 2002 ed il maggio 2005.
Alla luce di ciò, il Tribunale Milanese, dopo aver premesso che il provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia non costituisce prova idonea dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza con riguardo alle fideiussioni omnibus stipulate in un periodo rispetto al quale nessuna indagine è stata svolta dall’autorità di vigilanza – come quella oggetto della pronuncia in commento sottoscritta nel 2010 – ha respinto la domanda attrice, in quanto il fideiussore deteneva l’onere di allegare e dimostrare di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito concorrenziale dedotto in giudizio, di cui all’art. 2 della Legge 287/90, senza tuttavia averlo fatto.
Dunque, secondo il Tribunale di Milano – ma non solo poiché anche il Tribunale di Bologna con la sentenza n. 64 del 13 gennaio 2022 si è espresso nel medesimo senso – la dichiarazione di nullità delle fideiussioni omnibus che si pongono in violazione della normativa Antitrust non è automatica, in quanto il garante è tenuto a fornirne una ardua prova che si sostanzia nel dimostrare che l’anno in cui fu sottoscritta e rilasciata la garanzia omnibus “un numero significativo di istituti di credito, all’interno del medesimo mercato, avrebbe coordinato la propria azione al fine di sottoporre alla clientela dei modelli uniformi di fideiussioni per operazioni specifiche in modo da privare quella stessa clientela del diritto ad una scelta effettiva e non solo apparente tra prodotti alternativi e in reciproca concorrenza”.
Prova che, nella pronuncia in commento, l’attore non aveva fornito, vedendo così le proprie domande respinte.
In conclusione, a parere di chi scrive, sembrerebbe che la giurisprudenza di merito stia calcando la medesima via in ordine all’applicazione, agli specifici casi di specie loro sottoposti, del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte con la sentenza del 30 dicembre 2021 n. 41994, ossia la necessità di fornire la specifica prova di un’intesa, anteriore e coeva alla stipulazione della fideiussione omnibus, avente quale oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale degli impieghi bancari attraverso la fissazione di specifiche condizioni contrattuali in materia di garanzie fideiussorie. Dunque, la nullità delle fideiussioni non è automatica ma necessita di prova!
Avv. Flavia Lo Forte
(riproduzione riservata)