N. 15/2022
Con la recentissima sentenza n. 339/2022 pubblicata il 07.04.2022, la Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Roma, rileva l’infondatezza della domanda di nullità, integrale o parziale, della fideiussione prestata dalle Società opponenti per violazione della normativa antitrust, in considerazione del fatto che nei confronti della stessa non trovano applicazione né il Provvedimento n. 55/2005 reso dalla Banca d’Italia né, tantomeno, i principi sanciti da ultimo dalle SS. UU. n. 41994/2021.
Nella fattispecie, il Tribunale romano ha rigettato la domanda attorea rilevando che l’inapplicabilità alla fideiussione del Provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia non deriva tanto dal fatto che si tratta di una fideiussione specifica, anziché di una fideiussione omnibus, quanto piuttosto dal circostanza che non è stata prestata su un modello predisposto dalla Banca conforme allo schema ABI, ma è contenuta al punto “VI – FIDEJUSSIONI” dell’allegato “Capitolato delle condizioni che formano parte integrante del contratto di finanziamento”.
Con il recente pronunciamento le SS. UU., nel chiarire la natura del “collegamento funzionale”, che deve sussistere per estendere la nullità antitrust dell’intesa “a monte” alla fideiussione “a valle”, hanno precisato che tale violazione della normativa antitrust «è riscontrabile in ogni caso in cui tra atto a monte e contratto a valle sussista un nesso che faccia apparire la connessione tra i due atti a produrre un effetto anticoncorrenziale».
In tal senso, le SS.UU. hanno precisato che il nesso funzionale tra l’intesa vietata a monte e la fideiussione a valle si riscontra con evidenza quando il contratto a valle (nella specie una fideiussione) è interamente o parzialmente riproduttivo dell’intesa a monte, dichiarata nulla dall’autorità amministrativa di vigilanza, ossia quando l’atto negoziale sia di per sé stesso un mezzo per violare la normativa antitrust, ovvero quando riproduca solo una parte del contenuto dell’atto anticoncorrenziale che lo precede, in tal modo venendo a costituire lo strumento di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale.
Allineandosi, dunque, a tale principio, il Tribunale romano ha confermato che la nullità totale o parziale della fideiussione (anche specifica) deve essere contemperata dalla prova della serialità anticoncorrenziale.
Invero, il predetto “nesso funzionale” tra l’intesa vietata “a monte” e la fideiussione “a valle” è evidente quando le deroghe al modello codicistico della fideiussione vengono reiteratamente proposte in più contratti, così determinando un potenziale abbassamento del livello qualitativo delle offerte rinvenibili sul mercato.
La c.d. serialità della riproduzione dello schema ABI adottato “a monte” viene, dunque, a connotare negativamente la condotta degli Istituti di credito, erodendo la libera scelta dei clienti-contraenti.
Dunque, secondo il Tribunale di Roma, solo dopo aver accertato la sussistenza di tale “nesso funzionale” tra intesa restrittiva della concorrenza e reiterazione seriale in più contratti delle clausole contenute nello schema ABI, ritenute illecite per violazione della normativa antitrust, il Giudice deve limitarsi a valutare (ai fini dell’accertamento della nullità parziale delle corrispondenti clausole delle fideiussioni “a valle”) se le disposizioni convenute contrattualmente coincidono o meno con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva della concorrenza.
In tal senso, ha stabilito che mancando la serialità della riproduzione dello schema ABI adottato “a monte”, diventa irrilevante, ai fini della decisione, verificare se le clausole pattuite corrispondono o meno a quelle dello schema ABI in contrasto con la normativa antitrust.
Alla luce di ciò, secondo il Tribunale romano, la circostanza che la fideiussione specifica non sia stata rilasciata sul modello corrispondente allo schema ABI, ma è contenuta in un apposito articolo del “Capitolato delle condizioni che formano parte integrante del contratto di finanziamento”, impedisce di reperire quel necessario “nesso funzionale” tra l’intesa vietata “a monte” e la fideiussione rilasciata dalle opponenti.
In definitiva, mancando il presupposto della reiterata riproduzione (totale o parziale) in più contratti seriali “a valle” dello schema ABI adottato “a monte”, deve escludersi, in difetto di prova contraria, che la serialità della riproduzione dello schema ABI abbia corroso la libertà dei fideiussori, incidendo negativamente sul mercato.
Conseguenziale dunque risulta, nella pronuncia in commento, il rigetto delle domande di nullità totale o parziale della fideiussione per violazione della normativa antitrust.
In conclusione, a parere di chi scrive, sembrerebbe che i giudici romani, dopo essersi allineati con il pronunciamento delle Sezioni Unite, condizionino la tutela del fideiussore rispetto lo schema ABI alla prova della serialità anticoncorrenziale.
Ci si domanda dunque se tale ultima interpretazione giurisprudenziale possa essere accolta favorevolmente o se la stessa possa far sorgere un nuovo contrasto giurisprudenziale di merito, alimentando dubbi e perplessità che non consentono di giungere ad interpretazioni univoche.
Avv. Eliana Di Maria
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