N.38/2022
L’art. 557 c.p.c. disciplina l’iter di iscrizione a ruolo della procedura esecutiva immobiliare.
In particolare, il comma 2 della citata norma prevede che il creditore, a seguito della restituzione dell’atto di pignoramento notificato da parte dell’Ufficiale Giudiziario, debba “depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla consegna dell’atto di pignoramento”.
Ed ancora, il comma 2 dell’articolo precisa che: “la conformità di tali copie è attestata dall’avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo”.
L’attestazione di conformità del titolo esecutivo, dell’atto di precetto e dell’atto di pignoramento, da parte del legale del creditore, è stata resa possibile dall’avvento del processo civile telematico.
Infatti, l’articolo 19 della legge 132/15 (di conversione del D.L. n. 83 del 2015), che ha introdotto l’art. 16 bis del D.L. 179/2012 convertito con Lg. 221/2012, ha attribuito tale potere al legale ed ha previsto che: “A decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. […] Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del Codice di procedura civile. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformità delle copie agli originali ”.
Ed allora, quali sono le conseguenze in ipotesi di omessa attestazione di conformità, da parte del legale che iscrive a ruolo un pignoramento immobiliare?
Il legislatore non individua una sanzione per il caso specifico in cui, in sede di iscrizione a ruolo, non si attesti la conformità della copia informatica del titolo esecutivo, del precetto e del pignoramento, agli originali cartacei in possesso del procuratore.
Ed invero, l’art. 557 cpc comma 3 si limita a prevedere che: “il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie [si noti bene la dicitura “copie” e non anche “copie conformi”] dell’atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore”.
Ciò nonostante, l’orientamento giurisprudenziale più diffuso nei Tribunali italiani – primo fra tutti il Tribunale di Milano, granitico sul punto – sanziona la fattispecie in esame con la declaratoria di inefficacia del pignoramento immobiliare, rilevabile anche d’ufficio.
A fondamento di tale orientamento, i giudici di merito muovono dall’assunto per cui il possesso del titolo esecutivo costituisce un presupposto processuale dell’azione esecutiva, in assenza del quale l’ufficiale giudiziario non potrebbe eseguire il pignoramento e – successivamente – il Giudice non potrebbe compiere gli atti esecutivi richiesti dal creditore.
Applicando tale principio, in giurisprudenza si ritiene che l’attestazione di conformità non costituisca una mera formalità, ma rappresenti la garanzia del fatto che il difensore del creditore sia effettivamente in possesso del titolo: in altri termini, il legale, per potere attestare che la copia è conforme all’originale, deve avere avanti a sé l’originale.
Ne deriva che, in mancanza del deposito dell’attestazione di conformità, il giudice dell’esecuzione non sarebbe in grado di conoscere se il creditore abbia o meno il possesso del titolo e, quindi, se sia o meno legittimato all’esercizio del diritto incorporato nel titolo.
E lo stesso Giudice non potrebbe far altro che dichiarare il pignoramento inefficace, anche rilevandolo d’ufficio; il tutto, senza alcuna possibilità per il creditore di sanare il vizio.
Nel convincimento della giurisprudenza di merito, peraltro, detto principio deve essere esteso a tutte le fattispecie in cui l’iscrizione a ruolo non sia corredata dalla attestazione di conformità degli atti di precetto e di pignoramento.
Si tratta di un filone giurisprudenziale, oramai cristallizzato, che presta il fianco a non poche critiche.
Nel parere di chi scrive, infatti, non ci si può esimere da una riflessione: è paradossale che il processo telematico, nato come uno strumento di efficientamento della giustizia, venga appesantito di rigidi formalismi, che appaiono privi di giustificazioni in termini di sostanziale tutela degli interessi delle parti, ma che allo stesso tempo danneggiano l’economia processuale.
Avv. Cristina Pergolari
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