N. 12/2022
Con una recente ed interessante pronuncia (Tribunale di Treviso, 25/09/2020), il Tribunale di Treviso ritorna sull’argomento già affrontato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (ex multis Cass. n. 18185/2006; Corte d’Appello di Milano 29/11/2002; Tribunale di Bologna 26/09/1994) relativo al tema del beneficio della preventiva escussione.
Il quadro normativo di riferimento per il tema in esame è costituito in primo luogo dall’art. 2267, 1° co., c.c., dettato in materia di società semplice, a mente del quale, come noto, «i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci».
Il principio di cui sopra viene declinato in termini parzialmente diversi nel caso di soci di società in nome collettivo ed in quello dei soci accomandatari di società in accomandita semplice, stante il richiamo contenuto nell’art. 2318, 1° co., c.c.). In tal caso, infatti, se è vero che, ex art. 2291,1° co., c.c., «tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali», è vero anche che tale responsabilità è in qualche modo attenuata dalla previsione dell’articolo 2304 c.c.
La regola comune del beneficio della preventiva escussione impone, quindi, che per le sole obbligazioni sociali (e non per quelle personali del socio) risponde in via primaria la società con il suo patrimoio e, solo in via sussidiaria, i soci limitatamente e solidalmente con il loro patrimonio personale.
Il creditore procedente per recuperare un proprio credito potrà quindi aggredire i beni personali del socio personalmente e illimitatamente responsabile solo dopo aver tentato, invano, di aggredire i beni della società.
Tuttavia secondo l’orientamento maggioritario da ritenersi ormai consolidato, non occorre l’effettiva escussione del patrimonio della società ma solo la prova della certa infruttuosità dell’esecuzione, quale insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare il credito.
Per poter aggredire i beni del socio personalmente e illimitatamente responsabile non occorre, quindi, che il creditore abbia previamente avviato una procedura esecutiva non andata a buon fine nei confronti della società, ma è sufficiente che offra la prova dell’incapienza della società e che quindi qualsiasi esecuzione forzata sarebbe inutile.
L’onere della preventiva escussione deve quindi ritenersi assolto quando il creditore sociale dimostri l’insufficienza o l’incapienza del patrimonio sociale.
Proprio aderendo a tale orientamento si è espresso il Tribunale di Treviso in sede di opposizione all’esecuzione promossa dal socio accomandatario di una s.a.s., avendo quest’ultimo subito un pignoramento presso terzi senza che il creditore avesse previamente tentato un’azione esecutiva nei confronti della società.
Il Giudice, nel rigettare l’opposizione dà atto che il creditore ha ampiamente provato che la società non fosse titolare di un patrimonio sociale idoneo a soddisfare il proprio credito e, pertanto, non sospende l’esecuzione forzata nei confronti del socio.
Ed invero, il socio, nonostante la previsione del beneficio in questione, non può essere considerato terzo rispetto alle obbligazioni sociali, ma risponde delle stesse personalmente e direttamente, a fianco della società, ancorché in via sussidiaria rispetto alla stessa (Cass. Civ., S.U., 16/02/2015, n. 3022).
In proposito le Sezioni Unite avevano precisato che “il socio illimitatamente responsabile, che ha prestato fideiussione a favore di un creditore sociale, ai fini concordatari non è un terzo garante ex art.184 co.1, parte II, L. F., ma risponde per un debito comunque proprio in conseguenza della sua responsabilità illimitata rispetto alle obbligazioni sociali”.
Avv. Valentina Dipresa
(riproduzione riservata)