N. 2/2021
Come noto, a partire dal 2007, la crisi dell’economia globale ha avuto importanti impatti sul sistema bancario, in particolare su quello delle banche italiane, determinando un deterioramento della qualità del credito. Infatti, ad oggi, degli oltre 1.000 miliardi di Non Performing Loan in Europa, quasi 300 miliardi sono concentrati solo nel nostro Paese. Secondo gli studi condotti dall’ABI, le cause principali di questo fenomeno di deterioramento del credito sono state la riduzione del PIL, la crisi dei debiti sovrani e la scarsa efficienza della giustizia.
Il tema dei crediti deteriorati è di fondamentale importanza per l’economia di un Paese, poiché livelli elevati di NPL hanno un impatto negativo sul clima generale di fiducia nei confronti del sistema bancario, causando un incremento del costo della raccolta e del capitale per gli istituti.
C’è da dire, comunque, che lo stock di crediti deteriorati in Italia, dopo aver raggiunto il picco massimo nel 2015, con 341 miliardi di Euro di NPL, ha registrato una progressiva riduzione, grazie soprattutto agli interventi regolatori della BCE che hanno spinto le banche ad intraprendere piani di deleveraging per soddisfare le richieste delle autorità di vigilanza e le aspettative degli investitori.
Il lavoro degli Istituti Bancari italiani, come detto, è stato decisamente positivo, con una riduzione dello stock NPE del 53%. I principali originator, protagonisti delle cessioni dell’ultimo quinquennio, sono stati: Unicredit con 41,5 mld di NPL ceduti, seguito da MPS, con la sua maxi-cessione da 32,8 mld e dal Banco BPM con 16,3 mld (gli altri sono Intesa SanPaolo con 13,8 mld e Veneto Banks con 9 mld).
Le Banche per ridurre questo stock di crediti deteriorati che avevano in pancia e che pesavano sui propri bilanci, oltre a puntare su un rafforzamento delle proprie strutture e dei modelli di gestione del credito deteriorato, hanno intrapreso la strada delle cessioni e delle cartolarizzazioni (spesso assistite da GACS).
Il 2017 ha visto un significativo incremento delle transazioni aventi ad oggetto portafogli NPLs, spesso in favore di differenti tipologie di Investitori, da Fondi di Investimento internazionali a Banche specializzate nel mondo NPL.
Il principale protagonista delle cessioni dell’ultimo quinquennio è stato Quaestio Capital Management Sgr con operazioni per circa 30 mld, al quale seguono Banca Ifis con 18,6 mld e Fortress/Pimco con 12,3 mld, Lindorf-Intrum – CarVal Investors (10,8 mld) e Credito Fondiario (9,8 mld). Da non dimenticare nella categoria degli acquirenti anche soggetti che negli ultimi anni si son resi protagonisti del mercato come Guber Banca e Illimity Bank.
Altra categoria di protagonisti sono invece i cosiddetti Servicer del mercato del credito che vedono nella gestione del recupero il loro core business. I principali operatori in Italia sono sicuramente DoValue (82 mld di masse gestite), Credito Fondiario (52 mld) e Cerved Credit Management (46 mld); a seguire Intrum Italy (41 mld), Ifis Npl/FBS e Prelios (entrambe a 24 mld). A chiudere la top ten, che insieme gestisce il 78% del mercato italiano, troviamo AMCO, Phoenix Asset Management, Guber e Sistemia.
Un altro tassello fondamentale della complessa industria dei crediti deteriorati è lo Studio Legale, consulente principale degli investitori nella definizione dei deals. Tra le principali Law Firms attive nel mondo NPL e protagoniste nei ruoli di advisor e arranger troviamo Studi come La Scala, Orrick, Chiomenti, Dla Piper, Gianni Origoni Grippo Cappelli, Boneli Erede, Legance, Linklaters. Al pari di questi Studi anche il comparto legale delle grandi società di consulenza come PWC Tls, Ernst & Young, Deloitte e KPMG.
Ad ogni modo, il mercato degli NPLs è destinato a crescere anche nei prossimi anni, in considerazione della crisi pandemica, che sicuramente ha impattato pesantemente su famiglie e imprese già traballanti sul fronte del credito, moltiplicando la probabilità di insolvenze che andrebbero dritte a gonfiare i portafogli NPL bancari.
Vedremo, quindi, di fronte a questi scenari, come sapranno muoversi gli operatori del settore.
Di certo, rispetto al passato, le condizioni sono cambiate. Stavolta, a fronte di una crisi, le banche dispongono di buone regole e politiche per affrontare il deterioramento della qualità dei loro crediti. Pertanto, la tenuta del sistema dovrebbe reggere anche questa seconda ondata a 13 anni di distanza dal fallimento Lehman Brothers e a 9 anni dal primo coinvolgimento del settore privato nella crisi del debito della Grecia.
Dott. Giuseppe Avino